Si nascondono nel Canale di Sicilia gli ultimi squali bianchi del Mediterraneo, i più grandi pesci predatori del pianeta: le loro tracce sono state localizzate nel corso di diverse spedizioni guidate dall’italiano Francesco Ferretti della statunitense Virginia Tech, che è andato in cerca di questi animali per salvare la loro popolazione, fortemente a rischio di estinzione.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Frontiers in Marine Science, ha visto la partecipazione anche dell’Università Politecnica delle Marche e della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli. La ricerca vuole essere il primo passo verso l’istituzione di un programma di monitoraggio degli squali nella regione, nell’ambito degli sforzi attualmente in corso per prevenirne la scomparsa.
«Abbiamo deciso di accettare la sfida e trovare gli ultimi squali bianchi rimasti nel Mediterraneo», dice Ferretti: «Non è stato facile perché questi squali sono estremamente rari». Finora, infatti, non si conoscevano i luoghi di aggregazione di questi animali nel Mar Mediterraneo, dove le loro abitudini, come è emerso, sono radicalmente diverse da quelle che caratterizzano la maggior parte delle altre popolazioni sparse per il mondo.
«Questi si cibano prevalentemente di tonni e pesci piccoli, una cosa che quasi ribalta la nostra comprensione degli squali», afferma Taylor Chapple dell’Università dell’Oregon, co-autore dello studio. «Questa dieta permette a questi animali, che pesano un paio di tonnellate, di sopravvivere grazie a risorse davvero sorprendenti: le foche, di cui spesso si nutrono gli squali bianchi, sono molto più grasse rispetto ai tonni, eppure questi ultimi gli permettono comunque di raggiungere quelle dimensioni».
Nel corso delle spedizioni, organizzate dal 2021 al 2023, i ricercatori hanno utilizzato nuovi metodi e tecnologie, come l’analisi del Dna ambientale, il cosiddetto eDna, che permette di rilevare tracce di Dna dell’animale nell’acqua, e telecamere subacquee dotate di esche per attirare gli squali. Il viaggio ha condotto il gruppo da Marsala, sulla punta Nord-occidentale della Sicilia, a diverse isole come Lampedusa e Pantelleria, fino ad arrivare oltre Tunisia e Malta.
Gli sforzi hanno ripagato quando, in cinque occasioni, sono state individuate tracce soprattutto nella parte meridionale del Canale di Sicilia. «Quest’area subisce molto l’impatto delle attività di pesca - aggiunge Ferretti - ed è qui che ora stiamo concentrando i nostri sforzi: queste prime spedizioni pilota ci hanno infatti permesso di ricalibrarci in vista di un progetto più ampio e hanno fornito preziose informazioni su dove concentrare gli sforzi futuri».
Il gruppo sta ora pianificando e raccogliendo i fondi per nuove spedizioni, sia nel Canale di Sicilia che in altre zone del Mediterraneo. «Sappiamo che lì c’è un punto caldo - conclude il ricercatore italiano - ma potrebbero esserci anche altre aree importanti nel Mediterraneo orientale, che forse ospitano habitat critici come una ‘nursery’ di squali bianchi».
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