Una foto da lontano, all’altezza dei negozi e delle gelaterie, si potrà sempre fare. Ma per godere della Fontana di Trevi da vicino, nel ‘catinò gradinato vero e proprio, servirà una prenotazione, magari con un QR code, e pagando un ticket simbolico - l’idea è 2 euro per una experience di 30 minuti - ma solo se si è turisti. Per i romani invece avvicinarsi all’acqua della fontana più famosa del mondo sarà sempre gratuito. E forse, dopo le 22 quando la folla in genere sciama, l’ingresso potrà essere libero per tutti come al solito: un modello che potrebbe anche essere esportato in altri luoghi della città. Si vedrà. Ma la volontà politica del Campidoglio di iniziare a procedere con Trevi, quella c’è.
L’assessore al Turismo di Roma Capitale Alessandro Onorato, in realtà, ci pensa da più di un anno. Già a luglio del 2023, davanti all’ennesimo tuffo nella vasca, aveva sbottato: «Uno spettacolo indecente, una pura barbarie.
È giunta l’ora di stabilire una limitazione all’accesso». «Il turismo a Roma - afferma in serata - sta segnando numeri record ed era l’obiettivo che ci siamo posti quando siamo arrivati. Però ora dobbiamo fare in modo che il turismo sia più compatibile con la vita dei romani, che sia più decoroso e si riesca a integrare nella quotidianità della nostra città».
L’idea della Fontana di Trevi a numero chiuso ha preso dunque una accelerazione. Onorato ne ha parlato con il sindaco Roberto Gualtieri, che si è detto d’accordo: «E’ vero - ha confermato ieri sera il sindaco - è una ipotesi molto concreta che abbiamo deciso di studiare e approfondire». Il sindaco è stato informato dalla polizia locale che la situazione sta diventando «tecnicamente troppo difficile da gestire». Troppa gente, troppa tutta assieme, e tanti vi bivaccano: «Un accumulo di persone - diceva ancora Gualtieri - che è spesso fonte di degrado». Senza contare l’effetto generale, perché la folla «rende difficile una adeguata fruizione del monumento». In altre parole: è la folla stessa a impedire, paradossalmente, di godersi lo stupefacente insieme della piazza.
L’idea del Comune è diversa: «Vogliamo rendere la visita veramente una “experience” - dice ancora l’assessore - e non un caotico darsi spallate tra un turista e l’altro per cercare l’angolazione migliore del selfie. Oppure evitare che arrivino con il sacchetto del fast food, magari tirando le patatine nell’acqua nella speranza che un gabbiano raccolga la mollica».
Ma come fare? Per ora siamo alle ipotesi, perché ogni soggetto coinvolto dovrà dire la sua, a partire dalla Soprintendenza. Una riunione non è stata ancora fissata, ma l’assessore Onorato è deciso ad andare avanti. Tornelli? Barriere? Tutta da vedere. Ciò che al momento trapela è che l’orientamento non sarebbe certo quello di chiudere l’intera piazza, e dunque la Fontana sarà comunque visibile, più da lontano, gratuitamente da tutti. Ma l’esperienza di viverla “da dentro”, e con maggiore tranquillità, sarà a numero chiuso con prenotazione nominale. C’è anche un tema di sicurezza nel lasciare il nome, si riflette in Assessorato: in caso di vandalismi (o dei tuffi dei «mitomani - dice ancora Onorato - che si sentono Mastroianni») il biglietto garantirebbe la tracciabilità del responsabile. I romani non pagheranno, i turisti sì: si pensa a una cifra simbolica di 2 euro, e anche all’integrazione con il RomaPass (la card turistica).
Il denaro, dice ancora l’assessore, potrebbe essere reinvestito per pagare stewart e hostess per regolare l’ingresso, ma anche per dare informazioni turistiche sulla fontana stessa. Potrebbe diventare un modello, se tutto va bene, da riproporre in altre zone della città. A un costo minimo per il turista: d’altronde chi viaggia migliaia di chilometri per gettare una monetina nell’Acqua Vergine non dovrebbe aver problemi a investirne un’altra per prenotare un posto nel simbolo della Città Eterna.
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