Giovedì 14 Novembre 2024

In Sicilia il 54% dei medici vuole lasciare sanità pubblica

ROMA (ITALPRESS) – Aumentare le conoscenze e il coinvolgimento dei Medici di Medicina Generale (MMG) nell’ambito della ricerca clinica: questo l’obiettivo del protocollo di intesa firmato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e dalla Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG). Tale protocollo prevede eventi informativi e formativi rivolti ai Medici di Medicina Generale distribuiti sul

Il 46% dei medici della Sicilia pensa alla pensione anticipata e il 54% dei non pensionabili di lasciare il pubblico, mentre il 13% vuole cambiare mestiere. Ma circa il 53% degli ospedalieri vede ancora nel Ssn un baluardo del diritto alla salute, che mette le ragioni assistenziali davanti a quelle economiche. Solo il 23% pensa che gli straordinari meglio retribuiti possano risolvere il problema delle liste di attesa, che per il 27% si affronta assumendo personale. Sono dati della ricerca del Survey Fadoi, la Federazione internisti ospedalieri, su un campione di medici. Quasi la metà dei medici pensa di appendere in anticipo il camice bianco al chiodo, soprattutto per evitare presenti e futuri tagli alle loro pensioni, ma anche per i carichi di lavoro eccessivi. Ma a preoccupare è soprattutto quel 46% di loro che se tornasse indietro non sceglierebbe più di iscriversi a medicina e quel 13% che addirittura oggi pensa di cambiare proprio mestiere. Mentre l’idea di pagare meglio gli straordinari, come previsto dalla manovra è la ricetta idonea a tagliare le liste d’attesa per a mala pena un dottore su dieci, dice Fadoi. L’idea di tagliare in anticipo il traguardo della pensione sta passando per la testa del 46% di loro. Anche chi non è in età di pensione nel 54% dei casi sta pensando di lasciare il servizio pubblico. Il 37% per andare nel privato, un altro 3% all’estero, mentre un preoccupante 14% di scoraggiati pensa di cambiare del tutto attività. Uno scoramento che trova conferma nel 30% che alle condizioni attuali tornando indietro nel tempo non sceglierebbe più di fare il medico. Però le motivazioni di chi si sente ancora legato al servizio pubblico restano forti, il 53% che motiva la sua scelta con la coscienza di voler garantire a tutti il diritto alla salute, seguito dal 23% che percepisce ancora come un valore la sicurezza del posto di lavoro, dice la ricerca. L’indagine punta poi ad analizzare le criticità nei reperti di medicina interna, quelli che in media assorbono circa il 50% di tutti i ricoveri ospedalieri. Per il 60% il problema numero uno resta la carenza di personale medico e infermieristico, soprattutto se rapportato alla intensità di cura medio-alta dei reparti di medicina interna, ancora classificati come reparti a bassa intensità di cura. La scarsa valorizzazione del medico di medicina interna nell’organizzazione del lavoro ospedaliero è invece segnalata dal 23% degli internisti. La scarsa o mancata integrazione tra ospedale e servizi territoriali è indicata dal restante 10% degli intervistati. Quasi un plebiscito per l’utilizzo degli specializzandi a copertura dei vuoti in pianta organica con solo il 20% che pensa possano mettere a rischio la qualità dell’assistenza. Per il 47% è invece utile purché svolgano le loro attività affiancati da un tutor, mentre per il 33% servono, ma sarebbe utile semplificare la burocrazia che ancora vincola il loro utilizzo negli ospedali al parere delle Università.

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