Doodle celebra oggi, attraverso un video, Willi Ninja, un iconico ballerino e coreografo noto come il "Padrino del Voguing". Artista acclamato, Willi ha spianato la strada alla rappresentazione e all'accettazione dei Black Lgbtq+ negli anni '80 e '90. La comunità che ha creato, "The Iconic House of Ninja", sopravvive ancora oggi.
Il video che celebra Willi Ninja
Il video di Doodle è stato illustrato da Rob Gilliam e curato da Xander Opiyo, con musiche originali di Vivacious. Gli artisti presenti sono gli attuali membri della House of Ninja (Archie Burnett Ninja, Javier Madrid Ninja, Kiki Ninja e Akiko Tokuoka aka KiT Ninja) che ballano per celebrare l'eredità di Willi. In questo giorno del 1990, il documentario Paris is Burning - che presenta Willi e l'iconica casa dei ninja - è stato distribuito negli Stati Uniti al NewFest New York LGBT Film Festival.
Willi Ninja, chi è
Willi Ninja, il cui vero nome era William Roscoe Leake, nacque il 12 aprile 1961 a New York, ed è conosciuto come il Gran Maestro della Vogue. È stato un ballerino, coreografo e figura iconica della scena della ball culture degli anni ’80 e ’90 a New York. La sua passione per la danza fu influenzata da diverse icone, come Fred Astaire e Michael Jackson. Negli anni ’80, Willi Ninja iniziò a far parte della scena della ball culture a New York e sviluppò uno stile di danza unico, noto come Vogue, che prendeva spunto dalle pose dei modelli nelle riviste di moda. Saper mescolare elementi di breakdance, arti marziali e danza moderna portò alla creazione di un fenomeno culturale che è diventato un mezzo attraverso il quale molti esprimono la loro identità, creatività ed emancipazione.
Ha collaborato con artisti famosi come Madonna, e le sue coreografie sono state utilizzate in vari video musicali, spettacoli e film. Willi Ninja, nel 1990, ebbe un ruolo di primo piano nel documentario Paris is Burning, film che esplorava la ball culture di New York e l’importanza della comunità Lgbtq+. Ed è stata proprio la performance di Ninja in questo film che ha contribuito a portare la Vogue all’attenzione internazionale. È morto nel 2006.
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