Domenica 24 Novembre 2024

Meglio dire «buone feste» che «buon Natale»: e sull’Unione Europea è bufera

Praga si prepara al Natale

Meglio «buone feste» che «buon Natale». Via ogni riferimento di genere. Mai presumere l'orientamento sessuale di una persona. Non rivolgersi alla platea con il classico «signore e signori». L’Unione Europea, con un documento interno per la comunicazione delle istituzioni comunitarie, traccia una sorta di nuovo decalogo linguistico nel segno del rispetto della diversità. Di qualsiasi diversità. Ma sulle nuove linee guida in Italia scoppia la bufera. «L'Europa cancella le nostre radici cristiane», è la trincea issata da Lega e Fdi. Mentre a Strasburgo l’azzurro Antonio Tajani inoltra immediatamente un’interrogazione scritta alla Commissione per chiedere di modificare le indicazioni. Bruxelles si difende: «Non vietiamo o scoraggiamo l’uso della parola Natale, è ovvio. Celebrare il Natale e usare nomi e simboli cristiani sono parte della ricca eredità europea», spiegano fonti dell’esecutivo europeo. Ma ormai la polemica divampa. Il documento di una trentina di pagine ha un titolo inequivocabile: «Union of Equality». «Ognuno in Ue ha il diritto di essere trattato in maniera eguale» senza riferimenti di «genere, etnia, razza, religione, disabilità e orientamento sessuale», si legge nell’introduzione del documento, supervisionato dalla commissaria Ue all’Uguaglianza Helena Dalli. «Le parole e le immagini che usiamo nella nostra comunicazione quotidiana trasmettono un messaggio su chi siamo e chi non siamo», è la tesi delle linee guida. Una tesi che ha diverse implicazioni pratiche che l’esecutivo Ue, nel documento, divide per settori. In tema di genere «sono preferibili» i nomi e pronomi neutrali. Piuttosto che «he» o «she» (egli o ella), meglio usare un più generico «they» (loro). Mai, inoltre, salutare una platea con «ladies and gentlemen» ma presentarsi semplicemente con «dear colleagues». E se ci si rivolge ad una donna sarebbe sbagliato presumere il suo stato civile: al «signora» o «signorina» va preferito «Ms». «In ogni contenuto testuale o audiovisuale va assicurata la diversità» e in «qualsiasi panel va rispettato l’equilibrio di genere», si legge ancora nelle linee guida. Che affrontano anche il tema della disabilità e dell’età. Dire «anziani» può essere offensivo, meglio usare «popolazione più adulta», è l’invito di Palazzo Berlaymont. E piuttosto che scrivere o dire che una persona «è disabile», è preferibile affermare che una persona «ha una disabilità». Nel documento, che si presenta come specchio fedele della cosiddetta «woke generation», il tema dell’orientamento sessuale è centrale. Mai dire «un gay» ma piuttosto «una persona gay». Usare la formula «una coppia lesbica» e non «due lesbiche». Anche nella rappresentazione di una famiglia vocaboli come «marito», «moglie», «padre» o «madre» non rispecchiano il linguaggio inclusivo voluto dall’Ue. L'indirizzo resta quello della neutralità: usare, perciò, parole come «partner» o «genitori». L’inclusione, per i vertici Ue, deve essere chiaramente anche religiosa. Così, quando si compila un comunicato, la Commissione sconsiglia al suo staff di usare parole «tipiche» di una specifica religione. Un esempio? Alla frase «Maria e John sono una coppia internazionale» andrebbe sostituita «Malika e Giulio sono una coppia internazionale». E la neutralità, per la Commissione, dovrebbe valere anche per le feste religiose. Usando un generico «festività» e non il nome della festa in questione. Ed è soprattutto qui che, in Italia, il centrodestra (e non solo) insorge. «Viva il Natale, sperando che in Europa non si offenda nessuno», ironizza Matteo Salvini. «La nostra identità non si cancella», sbotta Giorgia Meloni. «Le destre sono provinciali e strumentalizzano», replica l’europarlamentare Pd Pina Picierno. E in serata è la Commissione a replicare. Ribadendo l’importanza dell’inclusività e la «neutralità» dell’esecutivo Ue su temi religiosi. Ma ammettendo che, forse, «gli esempi» fatti nel documento «potevano essere migliori».

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