Sempre meno giovani abbracciano la vita religiosa e in Sicilia i conventi si svuotano fino a chiudere i battenti. Chiude ad Alcamo il convento delle suore benedettine cassinesi per mancanza di suore. Rischia la chiusura il monastero della Badia Grande, dove sono rimaste quattro suore. Ha chiuso, tra gli altri, anche il convento di Mussomeli, in provincia di Caltanissetta. La decisione sarebbe stata adottata da padre Mario Tasca, il ministro generale dell’Ordine dei frati minori conventuali, a causa della mancanza di frati, della crisi di vocazioni e della morte dei frati del convento. Tra Siracusa, Messina e Palermo, i cappuccini stanno sempre più diminuendo. L’età media avanza e non ci sono nuovi giovani frati.
Al convento dei Cappuccini di San Giovanni Gemini, in provincia di Agrigento, è rimasto un solo frate. È padre Pietro Montalbano, perché è anche parroco, che sta insieme ai suoi compaesani solo durante la Messa. Erano in due fino a poco tempo fa, ora è rimasto solo perché il frate indiano è tornato al suo Paese. «Vengono a Messa il pomeriggio solo trenta persone e tra loro non ci sono giovani. Loro per motivi di studio, sono tutti andati via – dice amareggiato padre Montalbano -. Sono stato per 43 anni a Sciacca e ho dedicato la mia vita alla comunità. Organizzavo attività di ogni tipo, anche per avvicinare i giovani alla parrocchia. Ora è tutto finito».
Tra le cause che portano a questa condizione, al primo posto viene annoverata, tra i religiosi, la crisi sociale che porta con sé il mutamento nella scala dei valori, nella visione della vita, nei modelli di comportamento. I numeri dei religiosi e delle religiose in Sicilia fanno comprendere l’entità del fenomeno. Sono, più o meno, solo 100 i frati francescani in tutta l’isola, sparsi in 20 conventi. A Palermo circa una ventina, più altri 2 nelle diocesi di Termini Imerese e Bagheria. A fare questa analisi è Fra Gaetano Morreale dell’ordine dei frati minori francescani e parroco della chiesa Sant’Antonino di Palermo. Gli altri frati si trovano al Convento di Baida che è parrocchia e casa di accoglienza e spiritualità, in via Terrasanta che è Curia provinciale e al Convento di Santa Maria di Gesù al cimitero che è anche parrocchia.
Il frate della chiesa di Sant’Antonino, originario di Casteltermini in provincia di Agrigento, ha 42 anni e quando ascoltò la sua vocazione di anni ne aveva appena 25. Aveva finito gli studi al liceo classico e all’Università e partecipando ad una missione popolare a Perugia, conobbe alcuni frati. Da lì l’idea e il bisogno di intraprendere una vita religiosa. «Oggi la società è cambiata – dice Fra’ Morreale – basta guardarsi intorno. Ci si sposa in età più avanzata o si decide di non sposarsi proprio. Nel momento storico in cui stiamo vivendo si mette in discussione tutto, anche le cose certe. Ciò che non è certo non esiste ma la vocazione è di per sé un mistero. Stiamo vivendo, inoltre, una crisi di ascolto senza eguali. Non si parla, non ci si ascolta più. Noi, certamente, dobbiamo fare la nostra parte e ripensare ai nostri interventi di promozione, accompagnati da una maggiore preghiera, per i nostri giovani, soprattutto, inseriti oggi in un contesto sociale ed ecclesiale profondamente diverso e sempre in continuo cambiamento. L’abbandono della preghiera è strettamente legato all’indebolimento della fede».
Anche i frati domenicani in Sicilia sono rimasti pochi, solo 12, quattro al convento di Palermo, quattro a Catania e altri quattro a Messina. A dirlo è padre Sergio Catalano, priore del convento San Domenico di Palermo. «La vocazione viene messa da Dio nel cuore dell’uomo ma è lui che deve sentirla – spiega il priore -. Il profeta Elia, del resto, diceva “la vocazione è un venticello leggero”. Cristo invita alla preghiera perché la messe è molta ma gli operai sono pochi».
Dei 53 conventi delle clarisse fondati lungo i secoli in Sicilia, il primo ordine femminile della storia della Chiesa ispirato al vivere di Santa Chiara tra povertà e preghiera, oggi ne rimangono solo sette. E per adeguarsi ai tempi che cambiano, le clarisse di Alcamo, in provincia di Trapani, hanno deciso di aprire un portale web e utilizzare gli strumenti digitali per comunicare col mondo esterno. «Prendere i voti è diventato un atto tanto inconsueto da apparire quasi rivoluzionario – commenta suor Consuelo Rosmini delle suore Francescane Missionarie della scuola CIM (Cuore Immacolato di Maria) di Danisinni a Palermo – soprattutto in Europa in realtà, perché negli altri continenti le vocazioni continuano ad esserci. All’interno del nostro istituto siamo rimaste in 12».
A commentare la crisi vocazionale è anche l’Arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice: «Viviamo purtroppo in una secolarizzazione dove non siamo più abituati a coltivare anche la dimensione spirituale – dice Monsignor Lorefice - Siamo troppo materialisti ma questo non significa che non ci sia il desiderio di una spiritualità. E qui che la Chiesa deve avere una presenza più audace, raggiungendo il cuore e richiamando agli alti valori umani, facendo capire che la fede cristiana non indebolisce l’uomo ma lo potenzia e lo rende più forte».
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