Chi c’era, quel 28 ottobre del 1921, raccontò molti anni dopo che Maria Bergamas non riuscì ad arrivare in fondo, non riuscì a guardare i volti di tutti quegli undici ragazzi recuperati ormai senza vita dai campi di battaglia. E così il milite ignoto italiano fu il decimo soldato che fu mostrato a questa donna triestina. Ultimo atto di una storia di amore materno e morte che adesso a distanza di cento anni esatti verrà celebrata anche in Sicilia concedendo a questo soldato simbolo dell’ardore per la patria la medaglia d’oro della Regione e la cittadinanza onoraria in ogni Comune dell’Isola.
Lo ha deciso il presidente Musumeci, sensibile per indole alle sollecitazioni che arrivano dal mondo militare e da un passato che ormai mescola la storia alla leggenda.
Chi è il milite ignoto non lo saprà mai nessuno. Quella salma di un ragazzo che da 100 anni esatti riposa nell’Altare della Patria a Roma, resterà per sempre senza nome. Ma ha un volto il dolore che porta con sé a distanza di un secolo e che va molto oltre i confini di quella tomba gloriosa. È il volto di Maria Bergamas: triestina, madre di un soldato che dalla Grande guerra non tornerà mai.
Non un soldato qualunque, il figlio Antonio fu all’inizio del conflitto arruolato nelle truppe austriache visto che Trieste non era una città italiana. Ma lui sentiva di avere sangue italiano nelle vene, dunque disertò e si arruolò nel 137º reggimento di fanteria della Brigata Barletta. Per farlo dovette anche presentarsi con un cognome falso, Bontempelli. Non sarà il solo a farlo, in un’epoca in cui l’amore per la patria aveva evidentemente un significato più profondo di un coro da stadio dei tempi moderni.
Questo ragazzo morì il 16 giugno 1916 durante un combattimento nei pressi del monte Cirone di Marcesina. Sua mamma, Maria Bergamas, non lo rivedrà mai più, se non da morto. Anche per questo motivo proprio a questa donna venne affidato l’incarico nel 1921 di scegliere una salma da seppellire all’Altare della Patria. Il 4 agosto di quell’anno il Parlamento aveva votato una legge, la 1075, che diede incarico a una speciale commissione di decorati di Medaglia d’oro al valor militare di portare a Roma i resti, recuperati dai principali campi di battaglia, di undici soldati italiani non identificati.
La stessa commissione individuò in Maria Bergamas la rappresentante di tutte le madri che avevano perso il proprio figlio in guerra e a lei toccò scegliere una di quelle undici salme da destinare alla gloria nazionale. Poi il Regio decreto del 1 novembre 1921 a quella salma conferì anche la medaglia d’oro al valore militare.
In tutta Italia in questi giorni si sta preparando la celebrazione dei cento anni dalla sepoltura del milite ignoto, avvenuta il 4 novembre. E anche la Sicilia si sta mobilitando. Per la verità Musumeci è stato sollecitato dal Gruppo delle Medaglie d’oro al valor militare d’Italia che gli ha scritto mesi fa. La lettera, a cui si è aggiunto un appello dell’Anci, guidata da Leoluca Orlando, e del comandante dell’esercito in Sicilia, generale di divisione Maurizio Angelo Scardino, è arrivata sul tavolo della giunta qualche giorno fa.
Da qui nasce la decisione del governo regionale che ha invitato con atto di giunta tutti i Comuni dell’Isola a deliberare il conferimento della cittadinanza onoraria al milite ignoto in occasione della ricorrenza della sepoltura, il 4 novembre. Inoltre la giunta ha deciso di attribuire al soldato senza nome la medaglia d’oro al valor civile della Regione.
Due mosse simboliche, ovviamente, ma che Musumeci non vuole derubricare ad atto dovuto. Nella relazione inviata alla giunta per chiedere di deliberare le iniziative il presidente ha fatto inserire una frase precisa: «I cento anni dalla sepoltura del milite ignoto costituiscono un momento altamente commemorativo del sacrificio di tantissimi giovani italiani, e siciliani, caduti per difendere la patria. Nonché un’occasione irripetibile di senso civico, unitarietà e condivisione nazionale».
La delibera di Musumeci, uomo di destra ma anche appassionato di storia che spesso si è cimentato nella stesura di libri che hanno ricostruito passaggi cruciali, troverà terreno fertile. L’azione da mesi avviata dall’esercito e dalle associazioni di decorati ha già portato 130 sindaci siciliani a deliberare la concessione della cittadinanza onoraria al milite ignoto.
E per avere contezza di quanto questo sentimento di riconoscenza stia facendo breccia man mano che si avvicina il centesimo anniversario della sepoltura basta evidenziare, come ha fatto recentemente l’Esercito, che fino a qualche mese fa i Comuni siciliani che avevano deciso di commemorare in qualche modo il milite ignoto erano appena 7.
Altri Comuni stanno intitolando strade o posizionando statue. Anche se, va detto, soprattutto nei piccoli paesi da sempre il ricordo del milite ignoto è tenuto vivo in Sicilia da statue posizionate nella piazza principale. È così per esempio in vari centri della Valle del Belice. Ma non solo lì.
In questo modo quel soldato sta portando a termine la sua missione anche a distanza di un secolo. E allo stesso modo queste celebrazioni serviranno a ricordare che dietro quel soldato ci sono mille espressioni dell’amore e altrettanti risvolti della sofferenza che questo sentimento può provocare: che sia l’amore per la patria, per un uomo o una donna o di una madre verso un figlio. Tutto questo porta con sé quella tomba all’Altare della patria. Lo raccontò bene, molti anni dopo quel giorno d’autunno del 1921, la figlia di Maria Bergamas che accompagnò la mamma nel momento in cui dovette scegliere una delle salme che le furono mostrate.
Erano 11, tutte sistemate in fila nella basilica di Aquileia. La figlia raccontò che Maria Bergamas avrebbe voluto fermarsi già all’ottavo corpo, stremata dal dolore che una madre può provare nel riconoscere in ogni ragazzo il volto del proprio figlio. Ma andò avanti, anche se riuscì ad arrivare solo al decimo corpo. Allora si accasciò e fece cenno che sarebbe stata quella la salma che avrebbe riposato per sempre all’Altare della patria e davanti alla quale chiunque sarà passato almeno una volta muovendosi per Roma.
Le altre dieci salme, di ragazzi ignoti morti in guerra per la patria, riposano tutte nel cimitero di Aquileia accanto alla tomba di Maria Bergamas. In fondo, da quel giorno di cento anni fa, sono tutti figli suoi.
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