Coronavirus, lo chef stellato Mascia: "Ristoranti chiusi alle 18? Penalizzati per negligenze di altri"
«Ci penalizzano per negligenze altrui»: è arrabbiato Max Mascia, chef del ristorante San Domenico di Imola che dal 1977 può vantare due stelle Michelin e presidente della Nazionale Italiana Chef, per la chiusura alle 18 prevista dal nuovo Dpcm. «I ristoranti che rispettano le regole - spiega all’ANSA - hanno il diritto di lavorare. Noi ci siamo adeguati, abbiamo investito, distanziato, rispettato le regole. Il problema non siamo noi ma le scuole e il trasporto pubblico». Sono «le resse di studenti all’ingresso e all’uscita di scuola, gli autobus pieni: non è stato fatto niente dal pubblico mentre da noi privati si» osserva. «Guardi mi ha appena telefonato una famiglia di sette persone, vivono insieme ma li dovremo mettere in un tavolo da quattro e uno da tre. Ma finché si lavora va bene così». La chiusura alle 18, invece, impedisce di lavorare. «I ristoranti vivono con la cena. Quelli che vivono con il pranzo lo fanno con i business lunch ma con lo smart working i business lunch non ci sono più. Quindi - aggiunge - dirci di chiudere alle 18 vuol dire dirci di chiudere». E a questo punto «ci vuole un ristoro. Non si può chiudere e basta. Se non mi fai lavorare, mi aiuti» come è accaduto «in altri Paesi come Stati Uniti e Gran Bretagna». Il problema, spiega, sono i codici Ateco, quelli che mettono insieme tutti i locali, dai ristoranti, ai pub, a chi fa apericena; realtà diverse alcune in grado di garantire il distanziamento altre no. Bisognerebbe distinguere e pensare anche a obblighi diversi fra «grandi città e piccoli centri, lasciando i locali aperti nei secondi e mettendo l’obbligo di non uscire dal Comune dopo le 18». Nello scambio di messaggi sulle chat degli chef ha sentito «colleghi arrabbiati, delusi e demoralizzati». Adesso «noi dobbiamo un po' alzare la voce; è troppo importante. Certo - sottolinea - si alza la voce ma non le mani o le braccia. La violenza non porta da nessuna parte ma ci vuole qualcuno che ascolti non solo chi lancia i sassi ma anche chi parla con pacatezza» perché se ci sono ristoranti come il suo con una lunga tradizione e le spalle larghe «ci sono persone che hanno investito, giovani che hanno iniziato da poco e loro non ce la faranno.