Una terapia poco invasiva permette di ridurre il tumore alla prostata ad uno stadio in cui si può evitare la terapia a favore della sorveglianza attiva, oltre che di eliminarlo se preso in fase iniziale. La chirurgia focale sta per arrivare in Italia in alcuni centri specializzati, hanno annunciato gli esperti della Società Italiana di Urologia (Siu) durante il congresso nazionale a Riccione.
Oltre all’asportazione immediata del tumore, la metodica è in grado di ridurre in modo significativo il successivo sviluppo di
tumori di grado superiore, permettendo a molti pazienti di passare a un trattamento curativo (terapia chirurgica radicale o
radioterapia) in percentuali più che dimezzate rispetto alla sorveglianza attiva, sia nel breve sia nel lungo termine.
«La chirurgia focale - spiega Giuseppe Morgia, responsabile scientifico della SIU e direttore del Dipartimento di Urologia
del Policlinico di Catania - è la prima terapia fotodinamica conservativa e mininvasiva che impiega un laser non termico a
bassa potenza in grado di necrotizzare (ovvero di uccidere) le cellule tumorali, preservando il tessuto sano circostante, tramite un processo di fotoattivazione. Grazie alla capacità del laser di attuare in tempi rapidissimi una occlusione vascolare è possibile asportare tumori di piccole dimensioni entro il raggio d’azione di 5mm dalle fibre ottiche stesse. La metodica è dunque "selettiva", idonea in pazienti con malattia allo stadio iniziale, candidati a una chirurgia conservativa, che non richiede cioè l’asportazione dell’intera ghiandola prostatica (chirurgia radicale) e rispondenti ad altri parametri prognostici favorevoli».
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