ROMA. Sono 2 milioni in Italia le persone obese che hanno il diabete, con un rischio di mortalità entro 10 anni quadruplicato rispetto a una persona che ha la patologia ma è di peso normale. E ad esserne più colpite sono soprattutto le regioni del Sud, tra cui la Sicilia.
Oltre 3 milioni e 200 mila dichiarano di essere diabetici, passando negli ultimi 30 anni dal 2,9% al 5,6% dell’intera popolazione. Rispetto al 2000, la percentuale di uomini tra i 55 e i 64 anni è passata da 6,8% a 8,8%, mentre tra i 75-79enni dal 14,9% al 20,4%. Per le donne fino ai 79 anni le differenze nel tempo invece sono molto meno rilevanti. Incidenza e mortalità sono molto eterogenee nelle diverse regioni.
I dati sono contenuti nel rapporto, presentato oggi a Roma, di Italian Barometer Diabetes Observatory (Ibdo) Foundation, realizzato in collaborazione con Istat. Il diabete, è stato sottolineato nel rapporto, «è una patologia fortemente associata alla svantaggio socioeconomico: i gruppi sociali più colpiti sono quelli con un basso titolo di studio o risorse economiche scarse o insufficienti».
Valori più elevati della media sono stati evidenziati in Calabria, Basilicata, Sicilia, Campania, Puglia, Abruzzo, ma anche in alcune regioni del Centro come il Lazio. Quelli più bassi nelle province autonome di Trento e Bolzano e in Liguria. Anche per la mortalità la geografia resta simile, con una maggiore penalizzazione del Mezzogiorno, soprattutto in Campania, Calabria e Sicilia.
Sempre al Sud sono stati riscontrati i livelli più elevati di obesità. Il rapporto ha poi puntato il faro sull'obesità infantile, che presenta marcate differenze territoriali a svantaggio delle regioni meridionali, dove un minore su tre è in eccesso di peso.
«Possiamo considerare diabete e obesità come una pandemia, con serie conseguenze in termini di riduzione dell’aspettativa e della qualità della vita, e notevoli ricadute economiche. Una vera emergenza sanitaria», ha affermato Renato Lauro, Presidente Ibdo Foundation. Secondo i dati dell’Oms, entro il 2030 il diabete rappresenterà in Europa la quarta causa di morte, più di quanto non facciano insieme Aids, malaria e tubercolosi.
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