ROMA. L’aria sta cambiando per i social network. Dopo le critiche degli ex manager, si allarga il fronte degli obiettori di coscienza o quanto meno di chi inizia a riflettere sugli effetti negativi di queste piattaforme. Ad esporsi, questa volta, sono due stessi ricercatori di Facebook, il social media più popolare al mondo che conta oltre due miliardi di utenti.
Sono David Ginsberg, direttore della ricerca, e Moira Burke, ricercatore di Facebook. In queste ore hanno pubblicato un lungo post dal titolo «Passare il tempo sui social media ci fa male?», in cui prendono in esame una serie di ricerche scientifiche pubblicate in materia. Come quella della psicologa Sherry Turkle che si è occupata di come gli smartphone hanno ridefinito le nostre relazioni facendoci sentire «soli insieme». O quella di un’altra psicologa, Jean Twenge, che ha rilevato come un aumento della depressione nei teenager corrisponde ad un uso delle tecnologie.
«Sono domande cruciali per la Silicon Valley e anche per noi - spiegano i due ricercatori -. Come genitori, ognuno di noi si preoccupa del tempo passato sui display dai nostri figli e di cosa significherà «connessione» tra 15 anni. Ci preoccupiamo anche di passare troppo tempo sui nostri telefoni quando dovremmo prestare attenzione alle nostre famiglie. Uno dei modi in cui affrontiamo i nostri disagi interiori è la ricerca: rivedere ciò che gli altri hanno scoperto e farci domande quando abbiamo bisogno di saperne di più».
Ginsberg e Burke non mancano di puntualizzare che Facebook vuole essere un luogo «in cui interagire in modo significativo con amici e familiari, migliorando le relazioni offline» e che il social network si avvale della collaborazione di scienziati e medici che si occupano di salute mentale. Nella loro lunga riflessione, i due ricercatori spiegano anche che è negativo impiegare il tempo «consumando passivamente le informazioni», mentre bisognerebbe «interagire attivamente con le persone». Insomma, dipende da come i social network si usano.
Ora, si potrebbe pure dubitare che queste riflessioni sono una strategia di marketing di Facebook che dopo le elezioni Usa e tutto il dibattito sulle 'fake news' ha subito colpi all’immagine. Ma sta di fatto che, se il social ha sentito l'esigenza di esporre pubblicamente questi temi, vuol dire ch eha annusato che l’aria sta cambiando.
Uno dei primi detrattori di Internet e dei social media è stato il sociologo Evgenij Morozov, ma nel tempo si sono fatti avanti anche ex manager della Silicon Valley che hanno rinnegato il loro passato, ma non i loro guadagni. Come Sean Parker, fondatore di Napster ed ex presidente di Facebook. Un mese fa ha detto che il social ha sfruttato le «vulnerabilità della psicologia umana» e «Dio solo sa cosa fa alle menti dei bambini». Mentre solo pochi giorni fa un altro ex manager della creatura di Mark Zuckerberg, Chamath Palihapitiya, ha sostenuto che «sta facendo a pezzi la nostra società».
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