VERNIO. Una storia che ha dell'incredibile quella che arriva da Vernio, in provincia di Prato. Qui Andrea Vettori, 57 anni, da contadino è diventato inaspettatamente... ricco. Ebbene sì, il "caro zio Giuseppe" pare abbia lasciato a Vettori una fortuna in eredità. Addio alla misera pensione da invalido civile: spazio dunque ad una nuova vita. Il primo sogno che Vettori ha voluto realizzare, avendo a disposizione così tanti soldi, è stato quello di acquistare finalmente una Ferrari. "Ho realizzato tutto una volta arrivato in concessionaria", ha detto. Tuttavia, quando Vettori si è presentato nel salone, nessuno l'ha preso sul serio. "Mi hanno detto che avevo sbagliato indirizzo - ha spiegato - e che quella del bar era la porta accanto". Eppure Vettori è arrivato, con tanto di assegni, deciso a comprare la sua auto dei sogni. "Si sono messi a ridere - ha continuato -. Mi hanno preso sul serio solo quando sono tornato in salone con il mio avvocato e un impiegato di banca. Solo allora quelli della Ferrari sono rimasti a bocca aperta". Fino a quel giorno, Vettori era sempre stato considerato il "grullone" che guidava l’Ape sognando la Formula 1. Morendo, lo zio gli ha però cambiato la vita, lasciando a Vettori terreni, case e un bel po’ di soldi. "Ma non mi chiedete quanto, perché non ve lo dirò mai", ha subito precisato. Ferrari a parte, sembra che la vita di Vettori non sia comunque cambiata di molto. Forse almeno per adesso. Intanto, Vettori ricorda di quando finora ha dovuto vivere con una pensione d’invalidità da 289.80 euro. "Io non sono mai stato spendaccione e in montagna ci si arrangia con poco". Però, adesso Vettori può sognare. Prossimo desiderio da realizzare? Un viaggio, e la ristrutturazione della casa. "Vorrei conoscere qualche pilota della Ferrari subito. Vorrei partire ma non so ancora dove andare, non sono ancora abituato". I soldi, per ora, sono "blindatissimi" in banca. Ad ogni modo, "resto un contadino e questo è il mio mondo. Sembra che questa eredità dello zio stia cambiando la gente del paese più che me".