FIRENZE. Molti studenti scrivono male in italiano, non c'è più tempo da perdere, bisogna intervenire: sono oltre seicento i docenti universitari, tra loro accademici, storici, filosofi, sociologi ed economisti che lanciano l'allarme a governo e parlamento.
«È chiaro ormai da molti anni che alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente»: comincia così la lettera indirizzata a presidente del Consiglio, ministra dell'Istruzione e Parlamento, fatta girare tra i docenti per raccogliere le firme. L'iniziativa è del Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità.
«Da tempo - si legge nella lettera - i docenti universitari denunciano le carenze linguistiche dei loro studenti (grammatica, sintassi, lessico), con errori appena tollerabili in terza elementare. Nel tentativo di porvi rimedio, alcune facoltà hanno persino attivato corsi di recupero di lingua italiana». Secondo i docenti, il sistema scolastico non reagisce in modo appropriato, «anche perchè il tema della correttezza ortografica e grammaticale è stato a lungo svalutato sul piano didattico».
«Ci sono alcune importanti iniziative rivolte all'aggiornamento degli insegnanti, ma - si fa notare - non si vede una volontà politica adeguata alla gravità del problema. Abbiamo invece bisogno di una scuola davvero esigente nel controllo degli apprendimenti, oltre che più efficace nella didattica, altrimenti nè l'impegno degli insegnanti, nè l'acquisizione di nuove metodologie saranno sufficienti».
Nella lettera si indica quindi una serie di dettagliate linee d'intervento per arrivare, «al termine del primo ciclo» di studi, ad un «sufficiente possesso degli strumenti linguistici di base da parte della grande maggioranza degli studenti». Le adesioni sono arrivate in gran numero: nella lunga lista, tra gli altri, anche dai filosofi Massimo Cacciari e Roberto Esposito, dagli storici Ernesto Galli della Loggia e Luciano Canfora, dai costituzionalisti Carlo Fusaro e Paolo Caretti, diversi i rettori.
«Dedico ormai una buona parte della mia attività di docente a correggere l'italiano delle tesi di laurea», scrive uno dei firmatari della lettera e un altro fa notare: «Ahimè, ho potuto constatare anch'io i guasti che segnalate, dal momento che il mio esame è scritto e ne vengono fuori delle belle»
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