ROMA. L'aumento delle temperature causato dai cambiamenti climatici potrebbe alzare fino a sette volte i livelli di mercurio presenti nei pesci che mangiamo.
È la conclusione alla quale sono giunti ricercatori svedesi ed americani che hanno pubblicato la loro teoria sulla rivista Sciences Advances.
«Con i cambiamenti climatici - ha spiegato Jeffra K.Schaefer, coautrice dello studio condotto dalla Umea University e ricercatrice della Rutgers University - ci aspettiamo un aumento delle precipitazioni in molte aree dell'emisfero settentrionale, con un conseguente aumento del deflusso delle acque nei mari. Questo significa che ci sarà un grande rilascio di mercurio negli ecosistemi costieri che sono i principali punti di sostentamento per i pesci che la gente mangia».
Il mercurio è una delle dieci sostanza chimiche di maggior rischio per la salute secondo l'Oms e può provocare danni al sistema nervoso, digestivo e immunitario, così come a polmoni, reni, pelle e occhi.
Sin dall'inizio dell'era industriale la presenza del mercurio nell'ecosistema è cresciuta dal 200% al 500%, accumulandosi, a partire dai batteri, nel plancton, gli organismi acquatici di cui si cibano i pesci, sotto la forma altamente tossica del metilmercurio e passando quindi all'uomo.
Secondo lo studio, con un aumento del deflusso delle acque nei mari del 15%-30% la concentrazione di metilmercurio nel plancton potrebbe aumentare fino al 600%.
I ricercatori svedesi lo hanno scoperto ricreando le condizioni ambientali di un estuario del Golfo di Botnia, nella Svezia orientale, in un edificio di due piani.
«Questo è uno studio importate - ha aggiunto infine Schaefer - perchè finora non si erano considerati a fondo i cambiamenti nella base della catena alimentare e i collegamenti con l'accumulo del mercurio. Si tratta di risultati sorprendenti».
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