Lunedì 23 Dicembre 2024

Walt Disney tra sogno americano e affari, 50 anni fa l'addio al papà di Topolino

Un'immagine di archivio di Walt Disney

ROMA. «Tutti i sogni possono diventare realtà se solo abbiamo il coraggio di inseguirli». È una frase di Walt Disney, che riassume lo straordinario percorso del geniale innovatore del cinema, visionario imprenditore, creatore di un immaginario che ha continuato a influenzare generazioni di bambini, e non solo. Nato 115 anni fa e morto, per un tumore al polmone il 15 dicembre 1966, 50 anni fa, il papà di Topolino è un'icona del sogno americano ma anche una figura discussa. Contro di lui infatti, tornano ciclicamente, fra le altre, accuse (rilanciate due anni fa da Meryl Streep) di antisemitismo, razzismo e misoginia, respinte puntualmente dalla famiglia, molti vecchi collaboratori e vari storici. Walt Elias nasce il 5 dicembre 1901 a Chicago. Il padre Elias, è un uomo intransigente, mentre la madre, Flora, è paziente e amorevole. Quarto di cinque figli, ha fin da piccolo una grande passione per il disegno. Ancora bambino conosce il vero lavoro, prima dando una mano nei campi della fattoria di famiglia a Marceline (Missouri) poi a Kansas City, consegnando giornali per l'impresa di distribuzione del papà. A 16 anni, in piena prima guerra mondiale, entra nella Croce Rossa e passa due anni in Francia guidando auto e ambulanze, di cui decora le carrozzerie con i suoi fumetti. Tornato a Kansas City, realizza i primi corti animati con Ubbe Ert Iwwerks, più noto come Ub Iwerks, geniale disegnatore che darà forma a molti personaggi Disney. La svolta per Walt arriva nel 1923, quando si trasferisce a Hollywood, dove si crea un 'ufficio" nel garage dello zio e vende le prime mini storie animate (Alice Comedies, Oswald, il coniglio fortunato) alla Universal. Fonda quindi con l'inseparabile fratello Roy la Disney Brothers, che diventerà la Walt Disney Company. La rottura con la Universal porta la necessità di un nuovo personaggio. Nasce così, al ritmo di 700 disegni al giorno, il topo Mortimer Mouse, che su consiglio della moglie di Disney, Lillian (conosciuta da Walt negli studi e sposata nel 1925) cambia nome in Mickey Mouse, considerato da Disney un alter ego. Il primo suo corto sonoro Steamboat Willie (1928) è un trionfo. Arrivano i primi Oscar (in carriera Disney ne riceve personalmente 25 di cui tre onorari, più il premio Thalberg) e nel 1937 con il suo primo lungometraggio animato, Biancaneve e i sette nani, hit mondiale, smentisce tutti quelli, anche in famiglia, che temevano sarebbe stato un disastro finanziario. In pochi anni, tra nuovi personaggi icona (come Paperino), e film capolavoro (tra gli altri, Fantasia, Bambi, Dumbo, Alice nel Paese delle Meraviglie), fumetti e approdo in tv, Walt è a capo di un impero. Ormai volto popolarissimo, con i suoi baffetti e il grande sorriso, inizia a progettare anche enormi parchi divertimento: il primo è Disneyland (1955), ad Anaheim (California) e per gli altri immagina attrazioni e spazi futuristici. «Non c'è magia nella mia formula, faccio quello che mi piace - disse in un'intervista - belle storie umane che ti facciano entrare in contatto con le persone e che dimostrino come le belle cose della vita possano essere interessanti come le più sordide». Per aiutarlo a superare le crisi e gli esaurimenti fisici dovuti al superlavoro c'è sempre al suo fianco Lillian. Insieme hanno una figlia naturale Diane (1933-2013) e una seconda, adottata, Sharon Mae (1936-1993), cresciute lontane dai riflettori. Alla morte di Walt, l'allora governatore della California Ronald Reagan disse: «Da oggi il mondo è più povero». Tra le ombre sull'uomo Walt Disney, c'è la sua collaborazione durante il maccartismo con la Commissione delle attività antiamericane, cui fece i nomi di alcuni impiegati. Si è parlato anche di sue presunte simpatie naziste, per aver ospitato nel 1938 a Hollywood Leni Riefenstahl e partecipato negli anni '30, secondo l'animatore Art Babbitt, a riunioni di un gruppo pro-Hitler. C'è inoltre chi ha individuato stereotipi razzisti su ebrei e neri (in realtà molto comuni in quel periodo) in alcuni dei primi cartoon. Storici e biografi ribattono che Disney, oltre ad aver sostenuto a varie associazioni ebraiche, ha dato spazio a molti artisti appartenenti a minoranze. Del sogno di Walt resta un patrimonio di racconto e immagini che fino ad oggi, tra crisi e rinascite (l'ultima con la Pixar) si è rinnovato, cogliendo i cambiamenti nel costume. Lo dimostrano le 'principessè animate di ieri e quelle di oggi, come spiega Valeria Arnaldi nel libro 'In grazia e bellezza - L'evoluzione della donna secondo Disney' (Ultra).

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