Lunedì 23 Dicembre 2024

Si riscrive la storia del vaiolo grazie ad un bimbo morto nel '500

MILANO. A 37 anni esatti dall'eradicazione mondiale del vaiolo, la prima malattia umana sconfitta grazie alla vaccinazione, riemerge dalla cripta di una chiesa lituana un reperto eccezionale, che permette di riscrivere completamente la storia di questa piaga.

Il Dna del virus del vaiolo è stato infatti ritrovato nei resti mummificati di un bimbo morto nel Seicento.

Le analisi del materiale genetico, probabilmente il più antico campione di un virus mai scoperto, indicano che la forma più letale della malattia non sarebbe comparsa millenni fa, come avevano fatto intendere i segni trovati sulle mummie degli antichi egizi, bensì nel XVI secolo, giusto in tempo per essere portata dai coloni europei nel Nuovo Mondo. Lo studio, pubblicato sulla rivista Current Biology, «aggiusta le lancette dell'orologio dell'evoluzione del vaiolo riportandole ad un'epoca molto più recente», spiega Eddie Holmes, biologo dell'Università di Sydney che ha preso parte al gruppo internazionale di ricerca coordinato da Hendrik Poinar, il famoso genetista che ha riscoperto anche il Dna della Peste Nera. Nel suo team c'è pure l'antropologo italiano Dario Piombino-Mascali, che lavora presso l'Università di Vilnius, in Lituania. Proprio in questa città, nella cripta della chiesa domenicana del Santo Spirito, è stata ritrovata la piccola mummia 'custodè del vaiolo. Il cadavere del bambino non manifestava i classici segni della malattia, ma analizzando un campione dei suoi tessuti è emersa una grandissima quantità di frammenti di Dna del virus. Dopo aver stabilito che nella mummia non erano presenti patogeni ancora attivi e infettivi, i ricercatori hanno ottenuto l'autorizzazione dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ad estrarre il materiale genetico. Il suo sequenziamento e il confronto con quello di altri 49 ceppi virali moderni (recuperati prima dell'eradicazione del vaiolo, tra il 1940 e il 1977) hanno permesso di tracciare un albero genealogico completo che riconduce tutti questi virus ad un unico antenato comune, comparso tra il 1530 e il 1654. Resta però ancora da capire quale animale potrebbe aver fatto da 'incubatore' permettendo al virus di fare il salto di specie e attaccare l'uomo. Le analisi indicano inoltre che dopo l'introduzione del vaccino, sviluppato da Edward Jenner nel 1796, il virus del vaiolo si è evoluto in due ceppi: il virus Variola major, particolarmente aggressivo e letale, e il virus Variola minor, più benigno. La diffusione di entrambi ha subito un forte rallentamento quando l'immunizzazione ha preso piede nel mondo. «Questo dato solleva importanti questioni circa il modo in cui i patogeni si diversificano di fronte al vaccino», spiega Ana Duggan, una dei collaboratori di Poinar presso il Centro per lo studio del Dna antico della McMaster University, in Canada. «Sebbene il vaiolo sia stato eradicato - aggiunge Duggan - non dobbiamo diventare pigri o indifferenti alla sua evoluzione, nonchè al suo possibile ritorno, almeno fino a quando non avremo capito le sue vere origini».

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