ROMA. Un secolo di caccia in Amazzonia per alimentare il commercio di pellicce e pellame ha svuotato più i fiumi della regione che le sue foreste.
Secondo uno studio pubblicato su Science Advances le specie acquatiche sono risultate più vulnerabili perchè le loro popolazioni erano più numerose e i loro habitat erano più accessibili ai cacciatori rispetto a quelli terrestri.
Un team internazionale di ricercatori ha evidenziato che proprio la differenza tra gli habitat ha decretato il declino di numerosi animali, dalla lontra di fiume al giaguaro. Le specie acquatiche hanno risentito della caccia nel 20esimo secolo soprattutto in due momenti, tra gli anni '30 e '40 e negli anni '60.
Gli scienziati sono giunti a questa conclusione analizzando i registri, le etichette di carico e altre informazioni commerciali con cui sono state tracciate le consegne di pelli animali dall'Amazzonia. I grandi corsi d'acqua e le pianure alluvionali erano più densamente popolate e soprattutto più facili da espugnare per i cacciatori rispetto alle foreste. Secondo i ricercatori oltre l'80% degli habitat terrestri è rimasto immune alla caccia proprio per la sua inaccessibilità, facendo da rifugio per i grandi mammiferi. Invece oltre la metà degli habitat acquatici è stato alla mercè dei cacciatori.
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