ROMA. Dopo vari tentativi andati a vuoto, con farmaci promettenti che fallivano puntualmente le sperimentazioni sull'uomo, per l'Alzheimer la situazione sembra cambiare. Due studi in poche settimane, l'ultimo pubblicato sull'ultimo numero di Nature, hanno mostrato almeno nei primi test sui pazienti che è possibile agire sulle placche amiloidi, gli accumuli di proteine nel cervello che si ritiene siano la causa della malattia. Il farmaco aducanumab, un anticorpo monoclonale che 'insegna' al sistema immunitario a riconoscere le placche, è stato testato su un gruppo di 165 persone con Alzheimer moderato, metà delle quali ha ricevuto una infusione settimanale, mentre gli altri hanno avuto un placebo. Chi ha ricevuto il principio attivo ha mostrato una progressiva riduzione delle placche, spiegano gli autori, e si è visto anche un rallentamento del declino cognitivo associato alla malattia. «Dopo un anno - sottolinea Roger Nitsch dell'università di Zurigo, che definisce i risultati 'incoraggiantì - le placche sono quasi completamente scomparse». Risultati positivi si sono avuti anche da uno studio presentato alla Conferenza Internazionale dell'Associazione Alzheimer lo scorso luglio a Toronto. In quel caso ad essere stato testato era un altro farmaco, chiamato Lmtx. «Questi due studi, insieme ad altri in corso su altre molecole, confermano che il vento sta cambiando - conferma Paolo Maria Rossini, direttore della Neurologia del Policlinico Gemelli di Roma -, e questo grazie a un cambio di paradigma, si anticipa la fase di malattia in cui si provano questi farmaci e questo dà risultati». L'arrivo imminente di terapie in grado di bloccare l'avanzamento della malattia è una sfida per i sistemi sanitari, sottolinea l'esperto. «Questi farmaci hanno un costo altissimo, ed entro pochi anni saranno disponibili, con i pazienti che cominceranno a bussare alla porta del ministero della Salute - spiega -. Bisogna fare subito un piano per fare uno screening delle persone a rischio, come chi ha già dei casi in famiglia o chi ha avuto un forte trauma cranico da giovane, in modo da individuare, e ora è possibile farlo, quelli che svilupperanno la malattia. Il test va fatto in modo progressivo, iniziando con quelli meno invasivi e procedendo via via con quelli più costosi su chi risulta positivo ai primi. Così si possono individuare i soggetti a cui dare il farmaco, evitando di darlo a tutti, che sarebbe insostenibile dal punto di vista economico. Bisogna ricordare che un malato di Alzheimer costa decine di migliaia di euro l'anno, poter evitare dei casi, anche con costi alti, è comunque un guadagno».