ROMA. L'acidificazione degli oceani - ossia il cambiamento chimico delle acque del globo causato dall'aumento delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera - influisce sul comportamento riproduttivo dei pesci. Le prove arrivano da uno studio internazionale coordinato dall'Università di Palermo e condotto nei pressi di emissioni vulcaniche sottomarine dell'isola di Vulcano, in Sicilia.
La ricerca, pubblicata sulla rivista Royal Society Proceedings B, si è concentrata su una popolazione di labridi ocellati, pesci diffusi in tutto il Mediterraneo e molto comuni nei mari italiani. Si tratta, spiega il professor Marco Milazzo dell'ateneo siciliano, «del primo studio degli effetti dell'acidificazione degli oceani sulla riproduzione di specie ittiche in ambiente naturale». I labridi ocellati hanno un complesso comportamento riproduttivo in cui diverse tipologie di maschi (dominanti, «opportunisti» e «satelliti») competono per la riproduzione. «Si tratta di uno studio che in acquario non sarebbe stato possibile», aggiunge Marco Milazzo, e che è stato portato avanti con filmati subacquei nei siti di nidificazione in aree ad alte concentrazioni naturali di CO2 per via delle emissioni vulcaniche.
Dalle osservazioni è emerso che i maschi dominanti si riproducono meno - di circa due terzi - nelle aree con alte concentrazioni di CO2. Tuttavia, spiega il ricercatore, successive analisi genetiche hanno svelato che il maschio dominante mantiene un livello di paternità, alto, simile alle concentrazioni di CO2 attuali. Una sorta di meccanismo di controllo naturale che sarà oggetto dei prossimi studi.
«La ridotta capacità di accoppiarsi in condizioni di alta CO2 è un motivo di preoccupazione», sottolinea Milazzo. «I nostri risultati evidenziano la necessità di ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera, come proposto dalla recente conferenza Cop21 di Parigi».
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