PALERMO. Dopo che, nelle scorse settimane, la colonnina di mercurio ha toccato i 47˚, anche la fauna siciliana ha sofferto il gran caldo.
La Lipu fa, quindi, un bilancio di quelli che sono stati i cambiamenti climatici più significativi degli ultimi tempi e come abbiano influito sulla naturalemigrazione e nidificazione dei volatili, che si sono dimostrati dei veri e propri «indicatori biologici» di quanto sta accadendo sul fronte delle variazioni climatiche:
«Già attualmente molti migratori hanno modificato la propria rotta – spiega Giovanni Cumbo, delegato Lipu Palermo - mentre altre specie non migrano addirittura più o hanno cambiato il periodo di nidificazione come, per esempio, il Gufo comune o la Civetta. Le rondini, invece, sono un caso in cui a cambiare è stata proprio la migrazione, cominciata attraversando l’Africa e il Canale di Sicilia per poi giungere anche a Palermo».
Gli sbalzi di temperatura così frequenti hanno anche portato a una diminuzione della presenza dell’usignolo o degli uccelli che hanno ridotto la distanza tra le aree di svernamento e quelle di riproduzione, come la capinera e l’aquila minore.
«Quest’ultima, in particolare – prosegue Cumbo - ha iniziato a svernare nel Mediterraneo da circa 10 anni. In Sicilia, una volta, era una specie rara, e adesso, invece, èmolto diffusa in inverno.Un altro interessante caso riguarda le gru che, fino al dicembre 2015, sostavano ancora in centro Europa per via dell’alta pressione, ma una volta arrivato il freddo, gli esemplari hanno cominciato a scendere in grossi stormi di centinaia di individui, diretti in Africa. A gennaio 2016, inoltre, abbiamo assistito alla migrazione “autunnale” delle gru».
È tutta colpa dell’uomo?
«I cambiamenti, certamente, sono accelerati dall’uomo a causa delle emissioni di gas serra – spiega il delegato Lipu Palermo - ma in ogni caso sono un fenomeno naturale che avviene periodicamente. Per via delle diverse condizioni climatiche, molte specie di uccelli selvatici saranno costrette a spostare il proprio sito di riproduzione soprattutto verso nord, cercando nuove zone per sopravvivere. Il periodo della nidificazione non coinciderà, quindi, con quello della disponibilità di cibo». Ciò avviene perché gli uccelli rispondono in vari modi ai cambiamenti climatici: alcune specie si spostano in cerca di nuove aree da colonizzare, altre si adattano al nuovo clima rimanendo nello stesso luogo, altre ancora non riescono a reagire e vanno incontro all’estinzione.
La Lipu stila anche un vademecum di quelle che potrebbero essere le soluzioni per mitigare i cambiamenti climatici e aiutare la natura e l’uomo ad adattarsi al «nuovo» habitat: «Occorre investire sulla natura, proteggendo gli ecosistemi che conservano il carbonio, come, per esempio, foreste, zone umide, oceani e torbiere. È necessario, inoltre, connettere gli habitat per aiutare le specie a muoversi sul territorio, le cosiddette reti ecologiche, e utilizzare gli uccelli selvatici come “messaggeri” della natura per capire i cambiamenti climatici e prendere adeguate decisioni».
Al momento si stima che potrebbero essere un milione le specie minacciate di estinzione entro il 2050. Un fenomeno che non riguarda solo l’Italia,ma anche il resto del mondo. È il caso della pulcinella di mare la cui presenza, nelle ultime tre generazioni, è diminuita del 50% a causa della riduzione degli stock ittici.
O del pinguino di Adelia, nel sud delle Shetland, dimezzato fin dai tardi anni Settanta. Nella lista anche la fregata minore, le cui colonie di nidificazione, nell’oceano Pacifico, sono vulnerabili all’innalzamento del livello del mare e, infine, il colibrì di Allen, la cui zona di riproduzione si ridurrà del 90%entro il 2080. Secondo la Lipu, la grave minaccia dei cambiamenti climatici deve essere affrontata stipulando un forte accordo tra i Paesi per abbattere in modo drastico i gas serra.
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