PALERMO. Nata nove anni fa la conferenza nazionale sul software libero si è svolta quest’anno a Palermo, organizzata dall’associazione Sputnix, coordinata dal presidente Vincenzo Virgilio. Tematica al centro della conferenza i software «open source», cioè liberi da legami commerciali e «aperti»; si tratta di di programmi che chiunque può modificare e migliorare. In commercio, infatti, si trovano offerte di computer che includono la licenza di Windows o del sistema operativo Mac. Questa obbliga l’utente a installare solo software compatibili. Da qualche anno, però, iniziano a diffondersi i software open source: così si trovano piattaforme native Android, mentre sono ancora poco diffusi i sistemi dotati di Linux. Tutto è nato agli inizi degli anni Ottanta, quando nacque il personal computer. Fino ad allora i sistemi informatici erano appannaggio di grandi industrie, ma con la diffusione di apparecchiature alla portata di tutti si svilupparono i primi sistemi operativi realizzati in ambito universitario. Bill Gates fu il primo a fiutare il business e riuscì a consolidarsi in poco tempo, fornendo il suo Dos preinstallato sui pc grazie ad accordi commerciali con le aziende produttrici di hardware. Dopo arrivarono Windows, sempre della Microsoft di Bill Gates, ed il sistema operativo MacOs, installato, invece, sui computer della Apple di Steve Jobs. Entrambi sono caratterizzati da un’interfaccia grafica semplice ed intuitiva. Nel 1984 Richard Stallman, ricercatore al Mit di Boston, stanco di vedere che la maggior parte dei computer utilizzati in laboratorio avevano installati software proprietari e resosi conto che questa situazione avrebbe avuto l’effetto di impedire ai programmatori di collaborare tra loro, decise di sviluppare un nuovo sistema operativo compatibile, dal codice aperto e liberamente distribuibile. Il nome di quel sistema era GNU, poi diventato GNU/Linux, dall’integrazione del sistema scritto dal finlandese Linus Torvalds nel 1991. Oggi questa piattaforma sta diventando sempre più diffusa in un’ottica open source e di conseguenza sono tanti i programmi liberamente utilizzabili che sono nati per sostenere questo progetto di espansione sociale. A Palermo è stata presentata anche l’iniziativa «Libredifesa», attuata dal generale Camillo Sileo, del Reparto Sistemi C4I e Trasformazione di Stato Maggiore della Difesa. Il progetto si pone l’obiettivo dimigrare circa 150 mila postazioni verso il software libero LibreOffice per la produttività individuale e adottare come standard dei documenti il formato aperto Open Document Format, garantendo così l’interoperabilità e un risparmio di 10 milioni di euro. Il formato dei dati aperto è stato un altro aspetto al centro dei dibattiti in occasione della conferenza di Palermo. I file registrati in formato aperto sono leggibili e modificabili su tutte le piattaforme, ma gli utenti sono abituati a salvare sempre con formati proprietari, come ad esempio il «.doc» di Word, che nel caso di condivisione con un altro utente lo obbliga a dotarsi di una licenza d’uso di quel software per poter aprire il file. Quindi, accanto alla «migrazione» verso nuovi sistemi operativi e nuovi software occorre operare anche un’operazione sulle abitudini e sulla cultura di chi usa il computer.