ROMA. L'innalzamento del livello del mare causato dal cambiamento del clima ha fatto le sue prime vittime: cinque piccole isole coralline, sommerse e cancellate dall'atlante geografico. La scomparsa è andata in scena nelle Isole Salomone, una nazione insulare composta da un migliaio di atolli e isolotti che costellano il Pacifico meridionale, ad est della Papua Nuova Guinea. Qui, spiega il team australiano di ricercatori che ha documentato l'accaduto, negli ultimi 20 anni il mare si è alzato tra i 7 e i 10 millimetri all'anno, tre volte di più della media mondiale. Ciò che sta accadendo ora in questo fazzoletto d'acqua è ciò che si vedrà in buona parte del Pacifico nella seconda metà del secolo, a meno che nel mondo non si ponga un argine alle emissioni di gas serra. Le cinque isole sommerse, grandi da 1 a 5 ettari, non erano abitate. Ma esistono altre sei isole ampiamente compromesse dall'erosione costiera, e su due interi villaggi sono andati distrutti costringendo le popolazioni locali a trasferirsi altrove. Una di queste isole è Nuatambu, che ospita 25 famiglie: dal 2011 ad oggi per colpa dell'acqua ha perso 11 case e la metà della sua area abitabile. I numeri sono piccoli, finora, ma l'intero arcipelago delle Salomone conta 640mila abitanti, e se finisse sott'acqua si innescherebbe un esodo climatico. L'indagine, spiegano gli studiosi, è «la prima evidenza scientifica che conferma i numerosi racconti provenienti da tutto il Pacifico sui drammatici impatti del cambiamento climatico». Racconti che nel dicembre scorso sono approdati in Europa, a Parigi, per il vertice Onu sul clima in cui i piccoli Stati insulari si sono battuti per fissare obiettivi climatici ambiziosi, in grado di contenere l'aumento della temperatura mondiale entro 1,5 gradi centigradi ed evitare che lo scioglimento dei ghiacci faccia salire così tanto gli oceani da sommergere interi arcipelaghi. Il 22 aprile scorso i governanti delle Isole Salomone, insieme ad altri undici Stati insulari, sono volati a New York per prendere parte alla cerimonia della firma dell'accordo di Parigi nel quartier generale delle Nazioni Unite. La speranza, e la scommessa, è che i Paesi occidentali non solo taglino le emissioni di CO2 per limitare il riscaldamento terrestre, ma che mettano anche soldi e tecnologie - dalle dighe ai desalinizzatori - a disposizione dei Paesi vulnerabili, come previsto dall'intesa, per aiutarli a fronteggiare le conseguenze del cambiamento climatico.