ROMA. C'è chi lo preferisce in tazza grande o piccola, macchiato freddo o caldo, di orzo o al ginseng, ma qual è il miglior modo di fare il caffè? Caffettiera, con filtro o per infusione? La risposta arriva dalla Società americana di chimica (American Chemical Society), che spiega tutta la chimica che c'è dietro questa bevanda amata da milioni di persone, dando anche i suggerimenti su come realizzarla al meglio. Tanto per iniziare, pochi pensano a tutta l'energia impiegata nella raccolta dei chicchi di caffè, che freschi contengono un sacco di composti fondamentali nel dargli sapore e aroma. Poi c'è il processo di tostatura, che può avvenire in tre fasi, e che determina la reazione di Maillard, una delle più importanti in cucina, perchè dà ai cibi il tipico aspetto bruno e il gusto di cibo cotto. Con la prima tostatura, più leggera, i chicchi iniziano a rompersi, prevale l'acidità e si mantengono le caratteristiche di origine. Con la seconda tostatura il chicco si scurisce, si mantiene un buon equilibrio tra acidità e corposità e ancora il sapore di origine. E infine c'è la 'dark roast', la terza tostatura, che però fa sentire ben poco del sapore di origine, spesso usata per l'espresso. E infine come fare il caffè? Anche se gli ingredienti sono solo due, cioè acqua e caffè, ci sono alcune variabili che possono fare la differenza. Ad esempio, è meglio adoperare l'acqua filtrata, e portarla ad una temperatura vicina ai 96 , ma non troppo oltre, se no il caffè avrà un brutto sapore. È anche importante bilanciare la giusta quantità d'acqua, senza esagerare. E infine l'apparecchio da usare: caffettiera francese, a filtro, moka o chemex? Per l'American Chemichal Society sono da preferire i metodi in cui si versa l'acqua sul caffè, dunque a infusione o filtro, rispetto alle macchinette, perchè in questo modo si può controllare meglio quanta acqua esce e aggiungerne continuamente.