ROMA. Come una 'killer' silenziosa e implacabile, l'anoressia uccide prematuramente fino ad una persona su cinque che ne soffre. Le speranze offerte dai trattamenti con i farmaci non sono molto forti, e anche le psicoterapie, come quella cognitivo-comportamentale, portano a un recupero solo nel 10-30% dei casi, ma un metodo sperimentato al King's College di Londra e già approvato per la depressione potrebbe fare la differenza, riducendo i sintomi. Si tratta della stimolazione magnetica transcranica, in cui il cervello viene stimolato con degli speciali magneti, che nella forma assomigliano a delle bobine, applicati in una zona direttamente collegata allo sviluppo della malattia e che si chiama corteccia prefrontale dorsolaterale. Questa tecnica non è invasiva: si sente come una dolce sensazione di picchiettatura sul lato della testa interessato e i risultati sembrano promettenti già con una sola sessione. Sperimentata su 49 persone (i numeri sono ancora piccoli ma fanno ben sperare), infatti, la stimolazione magnetica transcranica, come spiega la ricercatrice Jessica McClelland, riduce il bisogno di limitare i cibi, diminuendo il livello di sazietà, facendo sentire meno grassi e portando anche a prendere decisioni più prudenti. Per arrivare a questa conclusione, come descritto su Plos One, ad alcune delle persone coinvolte è stato offerto un trattamento placebo, mentre altre sono state sottoposte a una sessione di stimolazione magnetica transcranica. Oltre a rilevare, con un'osservazione prima del trattamento, dopo venti minuti e 24 ore, la riduzione dei sintomi principali della malattia sottoponendo ai partecipanti immagini di cibo appetitoso e chiedendo di dare un punteggio a sapore, aroma e desiderio di mangiarli una volta che li avevano davanti, i ricercatori hanno notato che la stimolazione del cervello portava anche a decisioni più equilibrate. Ad esempio, tra una ricompensa in denaro inferiore ma immediata e una con una cifra più alta ma per cui occorreva attendere, la scelta è ricaduta più sulla seconda opzione. Ora gli studiosi puntano a un trial ampio. «L'anoressia nervosa si stima interessi fino al 4 per cento delle donne nel corso della vita. Con l'aumento della durata della malattia, diventa radicata nel cervello e sempre più difficile da trattare. I nostri risultati preliminari supportano le potenzialità di trattamenti di cui c'è disperato bisogno - spiega Ulrike Schmidt, autrice senior dello studio -. Stiamo ora valutando i benefici a lungo termine, in uno studio clinico primo al mondo con 20 sedute su persone con anoressia nervosa». Un aiuto per combattere la malattia può arrivare anche dal supporto sociale, in particolare dai social network, come nel caso di Hayley Harris, la 23enne che ha sconfitto l'anoressia anche grazie all'aiuto dei followers. «Oggi i disturbi alimentari si presentano già a partire dagli 11 anni e sono la seconda causa di morte negli adolescenti. È sempre più forte la necessità di utilizzare i social network come strumenti per divulgare la possibilità di guarigione», spiega la psichiatra Sara Bertelli, fondatrice dell'Associazione Nutrimente Onlus, secondo cui sono necessarie campagne di sensibilizzazione sull'alimentazione tramite i social.