PALERMO. «Dagli anni '40 il livello del mar Mediterraneo è cresciuto di 10 centimetri. Adesso, ogni anno, s' innalza di poco più di un millimetro». A spiegare una delle conseguenze dello scioglimento dei ghiacciai è Claudio Smiraglia, docente di geografia fisica e geomorfologia all' università di Milano, che ha realizzato uno studio che segnala un dato drammatico, i cui risultati sono stati pubblicati dal sito www.inabottle.it: «In 50 anni la superficie dei ghiacciai si è ridotta del 30% (da 527 a 370 chilometri quadrati), e poi un' ulteriore contrazione del 5% si è registrata dal 2007 al 2012». Volendo fare un paragone, la superficie glaciale persa è confrontabile con quella del lago di Como. «Tutti i ghiacciai si sono rimpiccioliti - spiega Smiraglia - e 200 sono scomparsi. Si tratta di un fenomeno legato al susseguirsi di anni record peril caldo e alle scarse precipitazioni nevose. Gli scenari futuri indicano che un' inversione della tendenza in corso è improbabile». Quali sono le conseguenze dello scioglimento dei ghiacciai sulle zone del Mediterraneo? «Le masse glaciali italiane si sono ridotte di circa il 30 per cento in 50 anni. Una parte dell' acqua di fusione derivante dallo scioglimento dei ghiacciai fluisce anche nel Mediterraneo, contribuendo ad aumentare il suo livello che cresce mediamente ogni anno di poco più di un millimetro. Ci sono, però, anche altre cause che contribuiscono a questo fenomeno». Quali? «Aumentando la temperatura dell' aria, aumenta anche quella dell' acqua. Quindi, oltre all' aggiunta dell' acqua derivante dalla fusione dei ghiacciai, si verifica anche che l' acqua del mare, scaldandosi, tende ad espandersi. Si tratta di un altro fattore che favorisce l' aumento del livello del Mediterraneo. Nel frattempo anche le coste siciliane si abbassano». Perché si verifica ciò? «Perché la crosta terrestre si appoggia sul mantello, un materiale più fluido. Così, quando carichiamo con più peso una zolla, questa placca tende ad abbassarsi. Durante l' ultima era glaciale si sono formati giganteschi ghiacciai. Tutta questa calotta di ghiaccio premeva sulla zolla terrestre che si abbassava; però, il passaggio di una grande quantità di acqua dallo stato liquido allo stato solido provocava l' abbassamento del livello marino. Adesso siamo in una fase di scioglimento dei ghiacci. Quindi, le zolle tendono ad alzarsi. Ma lo fanno in modo squilibrato. Mentre la zolla scandinava tende ad alzarsi, le coste siciliane si abbassano di alcuni millimetri. Poi, bisogna considerare che le coste siciliane sono molto antropizzate». E su questo aspetto quali effetti può avere l' innalzamento del livello marino? «A lunga scadenza, in almeno 50 anni, buona parte delle spiagge attuali possono essere sommerse, causando disagi anche a livello economico. Gran parte delle coste siciliane sono già in erosione. Le pianure costiere di Catania o Noto, ad esempio, sono destinate a ridursi. Bisognerà pensare a livelli di adattamento per difendere queste spiagge. A scadenza più breve, invece, noi abbiamo un incremento di forti mareggiate o piogge concentrate che causano frane ed erosioni delle spiagge, fenomeni legati sia all' incremento del livello marino sia al riscaldamento dell' atmosfera. Ridurre questi effetti non è facile». Com' è possibile limitare l' erosione delle coste? «Ci sono diversi metodi. Il più tradizionale è quello di creare degli sbarramenti di cemento lungo le coste che bloccano il moto ondoso e il trasporto di sabbia ad opera delle correnti. Un altro sistema è quello delle barriere parallele alla costa, messe sul mare a distanza di 100 metri sulla spiaggia. Questo secondo metodo, però, cambia l' attrazione turistica della costa. Il metodo più moderno, ma anche più costoso, è quello di sostituire la sabbia che viene portata via dalle correnti. Bisogna imparare a non costruire più lungo le coste». Che cosa indica l'aggiornamento del catasto dei ghiacci italiani? «In 26 anni, dal 1981 a oggi, i ghiacciai delle Alpi centrali hanno perso duemila miliardi di litri, l' equivalente di 800mila piscine olimpiche o quattro volte il lago Trasimeno. Vuol dire che le nostre riserve diminuiscono in modo sensibile: abbiamo meno acqua di fusione a disposizione nel periodo estivo, proprio quando serve di più per mitigare le siccità crescenti». Che cosa emerge dallo studio innovativo che avete avviato sulle Alpi? «Un' accelerazione dello scioglimento dei ghiacciai, che dipende dall' equilibrio fra l' accumulo nevoso e lo scioglimento estivo del ghiaccio. Anche i ghiacciai come le coste vivono su un equilibrio delicato. Si verifica che fa più caldo, nevica meno e i ghiacciai tendono a ridursi. Una parte importante della loro fusione attuale è legata anche alle caratteristiche della superficie del ghiacciaio». Che cosa succede sulla sua superficie? «Viene ricoperta da detriti scuri. Con droni e immagini del satellite stiamo studiando che cosa cambia tra la parte chiara e quella scura e quanto quest' ultima influenzi la vita del ghiacciaio. Quando questo materiale, portato da valanghe e frane, si deposita sul ghiacciaio ha un certo spessore e lo scioglimento del ghiaccio si riduce. È come se la natura si volesse auto -proteggere, riducendo le possibilità di fusione. Se il loro spessore è più sottile invece si verifica l' effetto opposto».