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"Forse si sono estinti": ecco perchè la caccia agli alieni è sempre più difficile

MILANO. Gli alieni non ci contattano semplicemente perchè sono estinti: è questa l'originale ipotesi formulata dagli astrobiologi dell'Università nazionale australiana per spiegare la difficoltà di trovare segni di vita nell'universo nonostante brulichi di pianeti potenzialmente abitabili, così come espresso dal cosiddetto paradosso di Enrico Fermi.

Secondo la teoria, presentata sulla rivista Astrobiology, la mancanza di segnali da parte di E.T. non è da ricondurre alla scarsa probabilità che la vita si formi su questo o quel pianeta. Il punto è che le forme di vita più primitive, una volta comparse, sono molto fragili:

«Per questo - spiega il coordinatore dello studio, Aditya Chopra - pensiamo che raramente riescano ad evolvere abbastanza in fretta per poter sopravvivere» alle condizioni ambientali in rapido mutamento.

«Per rendere abitabile un giovane pianeta - prosegue il ricercatore - le forme di vita devono riuscire a regolare i gas serra, come l'anidride carbonica, in modo da mantenere le temperature superficiali stabili». Questo è ciò che è accaduto sulla Terra e che, probabilmente, non è riuscito su altri pianeti. Basti pensare, ad esempio, a Marte e Venere: 4 miliardi di anni fa anche loro potevano presentare condizioni favorevoli alla nascita della vita. Dopo 1 miliardo di anni, però, il clima su Venere è diventato troppo caldo e quello di Marte troppo freddo per garantire la sopravvivenza di eventuali forme di vita
comparse nel frattempo, che così potrebbero essersi estinte.

Alla luce di questa ipotesi, l'universo potrebbe essere visto come un grande 'cimitero'.

Per Charley Lineweaver, dell'Istituto di Scienze planetarie dell'ateneo australiano, «la maggior parte dei fossili presenti nell'universo potrebbero appartenere a forme di vita microbica ormai estinta, non a forme di vita più complesse e pluricellulari, come quelle i dinosauri o gli ominidi nostri antenati».

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