PALERMO. «A fronte di certe percentuali di dispersione idrica e a certe lentezze nella raccolta differenziata, che ci espongono a pesanti multe europee, non si possano più rinviare gli interventi necessari». Il ministro all’Ambiente, Gian Luca Galletti, mette in mora la Regione Sicilia. Stando ai dati del «Catasto rifiuti Ispra 2014», d’altronde, l’Isola è Cenerentola d’Italia con il 12,6 per cento nella differenziata. Galletti, comunque, tende una mano: «Si può fare molto di più e io rinnovo come sempre la mia disponibilità alla collaborazione nei confronti della Regione per colmare i ritardi attuali». Oggi, intanto, il ministro sarà a Messina e Aci Castello in visita istituzionale: «Messina, in particolare, è nota per l’emergenza acqua — spiega il ministro — ma io lì vado a inaugurare un laboratorio, il Cerisi, che fa innovazione tecnologica e ricerca al massimo livello. Questo per dire che le eccellenze nel Sud ci sono e vanno messe in condizione di affiorare».
Emergenze ambientali, non solo in Sicilia. Nel Bel Paese città «chiuse per smog», o almeno costrette a targhe alterne e blocco della circolazione. Tutta colpa del fatto che non ha piovuto e tira poco vento?
«La concomitanza di questi fattori ha inciso in modo determinante, ma alla base c’è una domanda che nessuno può più eludere: come ripensare le nostre città in chiave ”green”, rendendole meno inquinate e più vivibili per chi le abita. Dobbiamo puntare sui veicoli elettrici, la ciclabilità, i bio-carburanti, uno spostamento urbano sempre più intermodale e un trasporto pubblico all'altezza della situazione. E per farlo serve una grande alleanza istituzionale tra governo, Regioni ed Enti Locali».
Lei ha recentemente affermato che non si può «chiedere alle persone di lasciare a casa macchine con motori ecologici, per farli salire su bus vecchi che inquinano cento volte più». Appunto, perché sul banco degli imputati finiscono per salire sempre e solo i tartassati automobilisti?
«La colpa non è mica solo delle auto. Il nostro parco mezzi pubblici, ad esempio, è in gran parte inadeguato ai criteri ambientali. Il presupposto per la riduzione dell'utilizzo del mezzo privato, principale fonte di traffico e inquinamento, è il potenziamento del trasporto pubblico locale, ma secondo criteri di eco-sostenibilità. E non dimentichiamo il riscaldamento e la combustione domestica: anche questo contribuisce, eccome, a creare le cappe di smog. Per cui il discorso va spostato anche sull’efficienza energetica nelle nostre abitazioni, nelle imprese, negli edifici pubblici».
Se è scattato di nuovo l’allarme-polveri sottili, ciò significa che l'Italia non ha fatto tutto quello che poteva e doveva per limitare l'inquinamento?
«Le posso dire quel che facciamo e faremo noi. Intanto, lo scorso anno sono stati stanziati fondi per progetti di riduzione dell’inquinamento da 270 milioni, per circa 130 interventi. Più in generale sul tema della mobilità ricordo che il Collegato Ambientale, ora alla Camera per l'approvazione definitiva, stanzia 35 milioni per lo spostamento sostenibile casa-scuola e casa-lavoro. In questi anni i miei predecessori hanno finanziato progetti per diversi milioni di euro, che vanno ovviamente avanti, destinati a nuovi chilometri di piste ciclabili, bici elettriche, per le infrastrutture di ricarica dei veicoli ecologici, per il car e il bike sharing. L'impegno c'è e ci sarà. Il 2016 sarà un anno importante in questo senso, perché il Green Act avrà un capitolo a parte destinato alle città: non solo traffico, ma anche edilizia sostenibile, verde pubblico, rigenerazione urbana».
Decisamente più importante, comunque, che tutte le nazioni cerchino di salvare il pianeta. La conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici ha davvero prodotto tutti i risultati sperati?
«Abbiamo raggiunto un accordo da scrivere sui libri di storia. Per la prima volta tutti gli Stati del mondo hanno guardato il problema del clima dal punto giusto: quello etico. Quest'intesa avvicinerà i popoli e le generazioni, eviterà eventi climatici fuori controllo nei Paesi più esposti, cambierà profondamente il modello economico globale. Riduzione delle emissioni, fonti rinnovabili, efficienza energetica sono tutti temi su cui l’Italia e l’Europa sono già avanti, ma vogliono anche accelerare».
Sandro Fuzzi, climatologo del Cnr, ha dichiarato in un'intervista al Giornale di Sicilia che restano molte «perplessità» sui controlli di efficacia delle misure adottate in Francia. D'accordo?
«La parte più rilevante dell’accordo a mio parere è proprio quella del controllo degli impegni presi. Abbiamo fissato una road-map trasparente per il monitoraggio, la comunicazione e la verifica di quanto si sta facendo. Ricordiamoci sempre che parliamo di 195 Stati che si accordano sul contenimento del riscaldamento globale. L'Italia, visti i continui avanzamenti delle tecnologie, punterà ad elevare nel tempo la virtuosità degli impegni».
Non tutti credono che sia possibile creare ricchezza rispettando l'ambiente. Proviamo a convincerli del contrario?
«Le dico di più: solo le imprese che rispettano l’ambiente sono destinate a essere competitive, per chi inquina non c’è più spazio. Ed è proprio l’effetto diretto dell'accordo di Parigi. Pensi come è cambiato il mondo in pochi anni: il Protocollo di Kyoto, che noi firmammo e rispettiamo alla lettera, impegnava Stati che oggi peserebbero nella misura dell’8 per cento di emissioni, mentre l’accordo della Cop21 ha una portata globale: questo vuol dire che l’orizzonte economico è cambiato, che quella che sembrava una limitazione a carico di pochi oggi è un’opportunità per tutti. Il nostro futuro è l’economia circolare: dallo scarto al riciclo, dalla produzione inquinante a quella sostenibile».
Lo Stivale cade a pezzi. Dobbiamo prendercela unicamente con il meteo avverso e le «bombe d'acqua», se siamo in continua allerta da dissesto idrogeologico?
«Lo dobbiamo a una sciagurata mancanza di prevenzione e di cultura del rispetto del territorio. Per troppo tempo è mancata una visione d’insieme. Lo dimostra il fatto che il primo atto di questo governo è stato avviare cantieri per un importo di lavori da oltre un miliardo di euro fermi a causa di intoppi burocratici. Abbiamo semplificato il sistema e lanciato il primo piano per le aree metropolitane da 1,3 miliardi. Tra questi, nella parte programmatica che avrà la sua attuazione nel corso del prossimo anno, ci saranno quasi 100 milioni per la Sicilia con gli interventi prioritari indicati dalla Regione a Catania, Messina e Palermo».
Abusi edilizi. Una sanatoria non si nega a nessuno?
«Al contrario, mai più sanatorie edilizie! È una questione etica e culturale. L’abbattimento delle case abusive è una nostra priorità nell’ambito della lotta al dissesto idrogeologico: per questo nel ”Collegato ambientale”, che spero venga approvato alla Camera in via definitiva nelle prossime ore, esiste un fondo per i Comuni da 11 milioni di euro, destinato alle demolizioni in zone a rischio. Nessuno, quindi, mi venga più a dire che non ci sono i soldi. Serve la volontà che è mancata per troppo tempo. E se quel fondo, come mi auguro, verrà utilizzato in pochi giorni, sono pronto a rifinanziarlo con risorse del mio ministero. Costruire in zone franose o sull’alveo di un fiume è pura inciviltà, è un azzardo che può costare caro. Dobbiamo ripartire da una nuova cultura del territorio».
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