PALERMO. “Il marranzano tristemente vibra nella gola del carraio che risale il colle nitido di luna, lento tra il murmure d'ulivi saraceni”. A citarlo è Salvatore Quasimodo nella sua "Strada di Agrigentum", del 1938 quando lo scrittore decide di evocare la sua Sicilia. E tra i simboli scelti c'è proprio il... marranzano. Strumento tipico siciliano, nel corso degli anni passati accompagnava i canti popolari dei carrettieri.
A Palermo è più comunemente conosciuto come "u mariuolu". A Catania è anche detto "marauni", "ngannalarruni" ad Agrigento. Altro non è che uno scacciapensieri. Appartiene alla famiglia degli idiofoni a pizzico. E' caratterizzato da una lametta metallica fissata su un telaio in ferro. Ha un suono abbastanza particolare, generato dalla vibrazione della lametta. Il suono può essere modificato dalla lametta a contatto con le labbra, e anche attraverso il movimento delle guance e della gola.
Il marranzano si presenta in diverse varietà, forme e modelli a seconda dalle città da cui proviene, e viene costruito.
E' conosciuto anche in Europa già dal 14esimo secolo. Tra il 1700 e il 1800 si diffonde anche nelle vicinanze della Germania. Qui infatti viene chiamato "maultrommel", mentre "italian jew's harp" in Inghilterra. Anche in Francia il marranzano è molto conosciuto, specie con il nome di "Guimbarde". Con caratteristiche diverse, è diffuso anche in Indonesia e in Vietnam.
Pare che l'origine del marranzano siano da ricercare tra l'Asia Orientale e Sud-Orientale. Spesso la musica generata dal marranzano veniva associata alla malavita locale tanto da svilire il vero valore culturale dello strumento. Oggi lo scacciapensieri, o il marranzano, viene spesso utilizzato in contesti musicali jazz o a servizio della musica elettronica.
Caricamento commenti
Commenta la notizia