VIENNA. Oggi una donna su 5 colpita dal cancro al seno si riammala poichè, nonostante i trattamenti, il tumore ricompare o nello stesso punto o come metastasi in altre parti dell'organismo: una nuova speranza arriva però da uno studio Usa che ha identificato alcune mutazioni genetiche responsabili della comparsa delle recidive e, dunque, del ritorno del tumore. La ricerca, presentata al Congresso europeo sul cancro (Ecc) in corso a Vienna, segna un importante passo avanti poichè apre la strada alla messa a punto di farmaci ad azione mirata per impedire che il tumore possa ripresentarsi.
Il risultato si deve al team di Lucy Yates, oncologa al Wellcome Trust Sanger Institute di Cambridge: i ricercatori hanno analizzato i dati derivati dal sequenziamento genetico di tessuti tumorali prelevati da mille pazienti con cancro al seno, e in 161 casi sono stati analizzati anche i campioni prelevati da tumori che si erano ripresentati o da metastasi. Si tratta del più ampio studio del genere finora condotto, affermano i ricercatori, in termini di numero di campioni di tumori recidivanti e di numero di geni correlati esaminati: ben 365 studiati simultaneamente. I geni e le mutazioni genetiche individuati nei tumori primari sono stati quindi comparati con quelli evidenziati nei tumori che si erano ripresentati. Varie le differenze genetiche rilevate, ma l'attenzione si è concentrata in particolare su alcuni geni (jak e stat) collegati allo sviluppo e sopravvivenza delle cellule tumorali. Sulla base di questi risultati, sono stati dunque avviati dei test clinici utilizzando molecole inibitrici di tali geni, nella speranza di arrivare ad ottenere un rallentamento della progressione del tumore.
Inoltre, alcuni dei geni responsabili delle recidive sono stati rilevati anche nei tumori primari: questa scoperta, spiegano i ricercatori, «potrebbe in futuro mettere in grado i medici di identificare le pazienti con un alto rischio che il cancro al seno si ripresenti, e quindi di agire sui geni responsabili delle recidive quando il cancro è stato appena diagnosticato, appunto con l'obiettivo di prevenirne il ritorno».
«Crediamo - ha affermato Yates - che le differenze che abbiamo osservato riflettano differenze genetiche che possono predisporre al ripresentarsi del cancro, e alcune di queste alterazioni genetiche sono potenzialmente aggredibili con nuovi farmaci».
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