Tra luglio 2014 e giugno 2015 nelle acque dello Stato australiano del Queensland sono stati catturati e uccisi 621 squali con l'obiettivo di proteggere le spiagge. Ma l'ateneo del Queensland avverte: impossibile prevedere l'impatto ecologico di queste operazioni nel lungo periodo.
Il ministro della pesca del Queensland Bill Byrne, come riporta l'edizione online del Guardian, ha difeso il programma di protezione degli squali affermando di aver avuto un sostegno bipartisan per un'operazione concentrata su quegli esemplari che avrebbero potuto ferire o uccidere bagnanti. Il programma non è un vero e proprio "abbattimento" di squali, ha spiegato, perché non è concepito per diminuirne la popolazione locale, ma è unicamente pensato per "cacciare gli squali che sono in prossimità di spiagge frequentate". Dei 621 squali 251 erano squali tigre, 173 squali balena, 111 squali toro e 8 grandi squali bianchi.
Una scienziata dell'Università del Queensland però lancia un avvertimento. La dottoressa Jennifer Ovenden della Scuola di Scienze biomediche spiega che gli impatti a lungo termine di questi programmi non possono essere previsti. "Come gli esseri umani - afferma - gli squali possono vivere a lungo e il loro tasso di riproduzione in confronto è basso. Quindi dobbiamo essere attenti ai numeri degli squali cacciati". "Quello che possiamo fare è stimare l'attuale numero di squali nelle acque australiane, ma ci vorranno anni prima di sapere se le popolazioni subiranno un aumento o una diminuzione", "la nostra ricerca aiuterà a determinare se il recente aumento degli attacchi di squali in Australia è dovuto ad un aumento del numero di questi predatori o a un incremento dell'interazione umana".
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