ROMA. Fino al 5% di chi si fa un tatuaggio ha un'infezione batterica, ma nulla si sa sulle conseguenze a lungo termine di questa pratica sulla salute. È il risultato di una revisione di tutti gli studi sul tema del German Federal Institute for Risk Assessment di Berlino pubblicata dalla rivista Lancet. Solo negli Usa, rileva lo studio, circa il 20% della popolazione ha ormai almeno un tatuaggio, con un aumento esponenziale negli ultimi anni. Alcuni studi hanno esaminato le conseguenze a breve dei tattoos, che vanno appunto dalle infezioni alle reazioni allergiche a qualche componente dell'inchiostro, ma nessuno ha esaminato quali potrebbero essere le conseguenze dell'avere l'inchiostro iniettato sotto la pelle, destinato nel 90% dei casi a dissolversi nel sangue e quindi a circolare per tutto l'organismo nei decenni successivi. «La ragione principale - spiegano gli esperti - è che gli inchiostri per tatuaggi sono classificati come cosmetici, e quindi non richiedono i test a lungo termine perchè in teoria sono utilizzati 'sopra' la pelle. In realtà invece si praticano delle microiniezioni, servirebbero quindi regole strette sulla composizione dell'inchiostro e studi che ne determinino le possibili tossicità».