ROMA. L'intestino umano è cambiato adattandosi a inquinanti e antibiotici. Uno studio pubblicato su Current Biology al quale ha partecipato anche l'Itb-Cnr di Segrate (Mi) ha confrontato le nostre popolazioni intestinali con quelle degli Hadza, ultimi cacciatori-raccoglitori.
Scoprendo come i microrganismi intestinali siano in grado di supplire alle carenze alimentari, ci proteggano dai derivati del petrolio ma rendano inefficaci gli antibiotici.
I batteri intestinali svolgono un ruolo essenziale, poichè forniscono all'uomo la flessibilità metabolica necessaria per adattarsi a diversi regimi alimentari e strategie di sussistenza; e si sono rivelati un fattore chiave nell'evoluzione. È anche grazie ai nostri microrganismi intestinali che abbiamo potuto trasformarci da cacciatori-raccoglitori, quali eravamo nel Paleolitico, ad agricoltori nel Neolitico, fino alle società moderne nelle quali siamo giunti a poter degradare prodotti derivati dalla raffinazione del petrolio, ma anche ad accentuare la resistenza del nostro organismo agli antibiotici.
Clarissa Consolandi dell'Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio nazionale delle ricerche (Itb-Cnr) di Segrate (Mi) spiega che «quando gli amminoacidi essenziali sono carenti nella dieta, ad esempio, sono proprio loro a fornirceli. Lo studio - frutto di una collaborazione tra Itb-Cnr, Università di Bologna, Max Planck Institute (Germania) e Università del Nevada (Usa) - ha portato anche a un'altra scoperta: i batteri intestinali degli italiani sono deputati alla degradazione e detossificazione delle sostanze estranee all'organismo che possono far male alla salute, quali il naftalene, ottenuto dalla raffinazione del petrolio, i benzoati, comuni conservanti alimentari, e gli xileni.
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