MILANO. Con il consumo di pane crollato ai minimi storici sono a rischio le centinaia di specialità tradizionali che hanno segnato per secoli tradizione dei territori d'Italia. Lo sostiene Coldiretti, che a Expo lancia l'allarme sul rischio omologazione presentando la più ampia rassegna delle specialità tradizionali delle diverse regioni, forse l'ultima occasione per conoscere tutta insieme una realtà a rischio di scomparsa, dal «Par ner» della Valle d'Aosta al «pane di Chiaserna» delle Marche fino al «pane Cafone» della Campania. Il consumo di pane degli italiani - rileva Coldiretti - è sceso nel 2014 al record negativo di circa 90 grammi, pari a meno di due fettine di pane al giorno (o due rosette piccole) a persona. Nel 1861, anno dell'Unità d'Italia, si mangiavano 1,1 chili di pane a persona al giorno. Da allora si è verificato un profondo cambiamento degli equilibri nutrizionali della dieta con un progressivo contenimento dei consumi di pane che nei tempi recenti sono scesi in questi termini: 1980, 230 grammi a testa; 1990, 197 grammi; 2000, 180 grammi; 2010, 120 grammi; 2012, 106 grammi, per arrivare a meno di 100 grammi nel 2013. Numeri ben differenti da quelli dei Paesi che guidano la top ten mondiale dei consumi di pane: Turchia, con 105 chili di pane pro capite consumato all'anno (il triplo degli italiani), Cile 96 chili, Argentina 76 chili, Svizzera, Polonia e Grecia 70 kg, Irlanda 68 chili, Ungheria e Olanda 60 chili, Germania 55 chili. La spesa familiare per pane, grissini e crackers ammonta a quasi 8 miliardi all'anno. Ad essere preferito - conclude la Coldiretti - è il pane artigianale che rappresenta l'88% del mercato. Cresce la domanda dei prodotti sostitutivi del pane come crackers, grissini e pani speciali. «Tra le novità più richieste del mercato c'è l'acquisto del pane realizzato con varietà di grano locali spesso di varietà salvate dall'estinzione direttamente dai produttori agricoli e venduto nelle aziende o nei mercati di campagna amica», ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo. «È una scelta che consente di conciliare qualità, fragranza ed impegno per lo sviluppo locale resa possibile dalla legge di orientamento».