ROMA. Capita spesso, capita a molti: dimenticare quasi subito il nome della persona che abbiamo appena conosciuto. Capita quando stringiamo la mano della persona che si sta presentando a noi. “Piacere, mi chiamo X”, “Io sono Y”. “Come ha detto che si chiama?” “Mi chiamo Y!”. Una dimenticanza comune a molti, ma che non giova affatto nella relazione con la persona appena incontrata specie se si vuol fare buona impressione sull’interlocutore che può essere un partner d’affari, un potenziale cliente/datore di lavoro, il futuro suocero. Tuttavia, esiste una spiegazione a questo singolare fenomeno. Insomma, cosa impedisce al nostro cervello di registrare l’informazione che riceve? La colpa può essere della natura stessa del nome. Se ad esempio la persona appena conosciuta dicesse: “Piacere, faccio il cuoco”, l’informazione sarebbe registrata meglio perchè è più ampia, e si collega ad una serie di nozioni che il cervello possiede già. Il legame insomma tra l'informazione e il nostro bagaglio cognitivo risulta più solido. Il nome proprio di persona, invece, possiede una stringa di suoni arbitraria e senza significato, e crea connessioni più deboli. Ma non finisce qui. Un’altra spiegazione è che spesso dimentichiamo il nome della persona appena conosciuta perchè sopraffatti dall'emozione. Emozione dovuta all'impressione che si pensa di riuscire a dare alla persona che stiamo conoscendo. Si porge la mano, dunque, ma si sta attenti a come si parla, a come ci si pone, a controllare che gli altri abbiano recepito il nostro nome.