ROMA. Fermare con dei farmaci l'azione di un enzima detto Lox potrebbe evitare che il tumore al seno di tipo estrogeno negativo, che rappresenta circa un terzo dei casi ma e' molto aggressivo, trovi terreno fertile nelle ossa e si diffonda, evitando i cosiddetti tumori secondari metastatici delle ossa, cioe' le metastasi ossee. E' quanto emerge da una ricerca guidata dall'Università di Sheffield pubblicata sulla rivista Nature. Circa l'85% dei tumori al seno che si diffondono in tutto il corpo finiscono nelle ossa, rendendo a quel punto il cancro più difficile da trattare e più mortale. Gli scienziati evidenziano che il tumore, per facilitare la sua diffusione, 'fertilizza' le ossa ed in questo processo gioca un ruolo importante proprio l'enzima Lox che modifica l'ambiente osseo interrompendo il normale e continuo processo di costruzione e ricostruzione delle ossa e lasciando lesioni e fori nell'osso, facilitando cosi' diffusione del tumore. Bloccando questo enzima con un farmaco si può evitare la formazione di metastasi. Per arrivare a questa conclusione gli studiosi sono partiti dall'osservazione che i pazienti con tumori secondari metastatici avevano più alti livelli di questo enzima prodotto dai loro tumori e rilasciato nel sangue. In una serie di esperimenti sui topi, il gruppo di ricerca ha dimostrato proprio che LOX interrompeva il normale processo di distruzione e ricostruzione ossea, lasciando lesioni e fori nell'osso, facilitando così la diffusione del tumore. "Le cellule tumorali nel tumore primario fecondano il terreno per una futura crescita e Lox, modificando l'ambiente osseo, rende questa crescita migliore" spiega la dottoressa Alison Gartland. Utilizzando dei farmaci si può però bloccare l'azione di questo enzima: test sugli animali hanno infatti mostrato che un insieme di farmaci per l'osteoartrite chiamati bifosfonati potrebbero impedire la diffusione del cancro, anche perché 'interferiscono' positivamente con il modo in cui l'osso viene riciclato al fine di rafforzarlo. Sono già stati somministrati ad alcuni pazienti affetti da cancro, ma il team di Sheffield crede che potrebbero avere un ruolo molto maggiore. "Questo studio apre nuove prospettive per tumori con inferiori possibilità di cura, quelli che non rispondono al trattamento ormonale, che sono i piu' aggressivi e colpiscono in particolar modo le giovani" spiega il professor Francesco Cognetti, presidente di "Insieme contro il cancro". "E' una prima osservazione della fondazione un importante meccanismo, sulla cui azione bisogna intervenire con i farmaci" aggiunge, specificando però che ci vorranno anni perché quanto osservato ad esempio sull'azione positiva di alcune terapie nei topi abbia concrete ricadute in termini di pratica clinica, anche perché occorrerà studiare eventuali interazioni con i farmaci già in uso.