ROMA. Con un semplice prelievo di sangue materno, non esponendo ad alcun pericolo il feto, i genitori potranno avere informazioni sul rischio di patologie cromosomiche del bebè: dalla Sindrome di Down alle trisomie 13, e 18; alcune sindromi da delezione come la «Cri du Chat», la Sindrome Di George, e alcune malattie mendeliane.
Grazie al primo polo universitario per lo screening genetico non invasivo prenatale (delle patologie cromosomiche) basato sul sequenziamento di frammenti di Dna fetale libero circolante nel sangue della gestante. Il test nasce dall'accordo tra la cinese BGI, il più grande gruppo mondiale di genomica, Bioscience Institute di San Marino e l'Università di Tor Vergata di Roma.
L'esame effettuato sul Dna presente nel plasma materno è stato validato attraverso numerosi studi pubblicati su prestigiose riviste scientifiche internazionali, che hanno riconosciuto a questo screening un'accuratezza superiore al 99%. Una realtà che riunisce, per la prima volta, un approccio a 360: dallo screening, alla diagnosi, fino al counseling genetico per le mamme in attesa che prima vedevano viaggiare il proprio campione di sangue all'altro capo del mondo, attendere diversi giorni per avere i risultati e poi iniziare una lunga ricerca della struttura giusta da cui far seguire la nascita di un bambino per una diagnosi genetica. «I nuovissimi laboratori rappresentano un modello di 'filiera corta' dai risvolti estremamente importanti: produciamo, distribuiamo e analizziamo in Italia il G-test (sigla di Genetic Test), il tutto secondo le stringenti norme regolatorie italiane ed europee» ha spiegato Giuseppe Novelli, Rettore di Tor Vergata e genetista «in secondo luogo possiamo gestire quelle che sono ormai informazioni 'sensibili' come i dati genetici della donna e del nascituro, in maniera rigorosa». Il G-test sarà distribuito grazie ad apposite convenzioni con i reparti di ginecologia dei più grandi ospedali italiani.
Caricamento commenti
Commenta la notizia