ROMA. Stare al sole potrebbe essere un'arma efficace per proteggersi da una delle forme di cancro più difficili da combattere, quello del pancreas. Tra i fattori di rischio per lo sviluppo di questo cancro potrebbe infatti esservi un basso livello di vitamina d, di cui proprio il sole promuove una maggiore produzione nel nostro organismo (e che si trova anche in alcuni alimenti come ad esempio le uova e i funghi), tanto che nei Paesi con la minor quantità di luce solare i tassi di cancro risultano più alti. È quanto emerge da uno studio della University of California San Diego School of Medicine pubblicato sulla rivista Journal of Steroid Biochemistry and Molecular Biology. Gli studiosi hanno esaminato 107 Paesi, prendendo in considerazione nell'analisi dei tassi di sviluppo di cancro al pancreas anche altri fattori fondamentali, come il consumo di alcol, il fumo e il tasso di obesità. «Anche prendendo in conto questi fattori di rischio, restava forte questa correlazione tra minore luce solare e sviluppo di questi livelli di cancro» spiega il professor Cedric Garland, autore dello studio. «Le persone che vivono nei Paesi soleggiati vicino all'equatore hanno solo un sesto del tasso di incidenza di cancro al pancreas» aggiunge, concludendo che «l'importanza della carenza di luce solare suggerisce fortemente (ma non prova) che la carenza di vitamina D può contribuire al rischio di cancro al pancreas». Il tumore al pancreas è un 'big killer' silenzioso: secondo alcuni dati diffusi dall'Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) ogni anno in Italia colpisce circa 12.700 persone, la maggior parte delle quali tra i 60 e gli 80 anni, circa il 3% di tutte le nuove neoplasie diagnosticate ed è un nemico insidioso, perchè in fase precoce i sintomi possono essere non molto evidenti e piuttosto vaghi.Le cellule tumorali pancreatiche sono particolarmente resistenti ai farmaci, che non riescono a bloccarne lo sviluppo, ma solo a rallentarne in modo estremamente limitato la crescita. Segnali chiari compaiono quando hanno ormai iniziato a diffondersi agli organi circostanti o hanno bloccato i dotti biliari. Si tratta di una delle neoplasie a prognosi più sfavorevole: solo il 7% degli uomini e il 9% delle donne risultano vivi a 5 anni, anche se alcune terapie basate sulle nanotecnologie possono migliorare seppur di poco la sopravvivenza. I fattori di rischio per lo sviluppo della malattia includono il fumo di sigaretta, l'obesità, la scarsa attività fisica e alcune patologie pregresse, come ad esempio il diabete mellito o la pancreatite cronica.