ROMA. Per i coralli dei Caraibi, le spugne marine non sono dei buoni vicini di casa: li soffocano e poi crescono sui loro scheletri. Una recente ricerca dell'Università della North Carolina, pubblicata sul Peer Journal, sulle barriere coralline dei Caraibi dimostra che la rimozione di 'pesci mangia spugnè, causata dalla pesca intensiva, si traduce in un incremento della crescita più che triplicata delle spugne rispetto a quella del corallo, mettendo in pericolo la sopravvivenza delle barriere coralline. I ricercatori guidati dal dottor Joseph Pawlik hanno esaminato barriere di 12 paesi dei Caraibi, confrontando 25 siti dove la presenza di pesce è molto bassa a causa di decenni di pesca intensa con 44 siti dove i pesci sono abbondanti. È risultato che oltre il 25% delle colonie di corallo, nei siti con minor pesce, è in contatto con le spugne, più del doppio delle barriere con più pesce. Sulle barriere meno pescate, le specie di spugne a crescita veloce sono mangiate dai pesci angelo e dai pesci pappagallo, che invece lasciano in vita quelle a crescita lenta che si proteggono grazie a delle difese chimiche che li respingono, influendo in modo minore sulla vita dei coralli. L'indagine poi smentisce la teoria 'convenzionalè per cui la più grande minaccia per i coralli siano le alghe, che inoltre risultano più abbondanti sulle barriere dove i pesci sono più numerosi, (23,1% contro il 38,1% per i siti meno pescati) smentendo l'altra teoria per cui i pesci mangiandole ne controllano la crescita. Inoltre lo studio fornisce una conferma della teoriadell'ecosistema a livello di comunità, con evidenti effetti indiretti della 'pesca eccessivà sulla vita di spugne e coralli. «Le nazioni caraibiche dovrebbero basare le loro decisioni politiche per la pesca sulla chiara connessione tra la pesca eccessiva e i coralli soffocati dalle spugne» ha concluso Pawlik, per cui la «conservazione dei coralli richiede una popolazione prospera di pesci nella barriera».