ROMA. Una "pillola della bontà", che ci renda compassionevoli, aumenti l'empatia verso gli altri e ci faccia essere più equi, potrebbe essere presto una realtà. La stanno sviluppando i ricercatori della University of California di Berkeley e di San Francisco, che hanno testato su un campione ristretto di 35 persone un farmaco in grado di produrre artificialmente proprio sentimenti di bontà. Il farmaco, a base di tolcapone, che prolunga gli effetti della dopamina, una sostanza chimica prodotta dal cervello e legata a sentimenti come la ricompensa e la motivazione, agirebbe modificando l'equilibrio neurochimico nella corteccia prefrontale del cervello, responsabile della personalita', del comportamento sociale e della capacità decisionale. Lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Current Biology, ha coinvolto 35 persone, 18 dei quali donne, divisi in due gruppi: al primo e' stato dato un placebo, all'altro il tolcapone e a tutti e' stato chiesto di partecipare a un gioco che prevedeva la divisione di denaro con un destinatario anonimo. Coloro che hanno assunto tolcapone si mostravano più equi nella suddivisione dei soldi con gli sconosciuti ed erano più sensibili verso le iniquità sociali.
"Di solito pensiamo all'equanimità come una caratteristica stabile della nostra personalità - ha detto Ming Hsu, una delle autrici della ricerca - il nostro studio non rifiuta questo concetto, ma mostra come questo tratto della personalità possa essere sistematicamente influenzato 'prendendo di mira' alcune specifiche vie neurochimiche nel cervello umano". Gli scienziati sono convinti anche che questa pillola potrebbe un giorno contribuire a trattare malattie mentali con un forte impatto sociale , come la schizofrenia o le dipendenze. La compassione e' qualcosa che accompagna l'uomo da milioni di anni ed e' precedente allo sviluppo delle capacità cognitive e della parola secondo una tesi sostenuta dalla studiosa dell'evoluzione umana Penny Spikins, dell'Universita' di York, nel volume 'How Compassion made us Human'. Secondo la studiosa alcune ricerche evidenzierebbero come gli esseri umani che hanno vissuto più di 3 milioni di anni fa si siano curati e aiutati a vicenda per sopravvivere prima ancora di imparare a parlare, una cosa appresa molto più tardi, circa 150mila anni fa: proprio questo può avere aiutato intelligenza e ragionamento ad evolversi. Gli Australopitechi, quasi in un gesto di tenerezza, trasportavano anche su lunghe distanze dei sassi la cui forma era del tutto simile a quella del volto di un bambino, l' Homo ergaster, vissuto 1,5 milioni di anni fa, curava i malati, mentre l'Homo heidelbergensis , 450 mila anni fa, si prendeva cura dei bambini disabili.
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