ROMA. Svolgere attività ricreative sia quelle fisiche che mentali con gli anziani, potrebbe rallentarne l'invecchiamento proteggendo il loro Dna da danni. Lo rivela uno studio su circa 100 anziani pubblicato sulla rivista Experimental Gerontology: diverse tipologie di attività riducono l'invecchiamento del Dna e la comparsa di danni genetici negli anziani, o più precisamente la comparsa di 'instabilità genomica', condizione genetica che è un segno tipico di invecchiamento ed è legata a molte malattie che insorgono con l'età (cardiovascolari, diabete, tumori etc). Il lavoro è stato condotto da Karl-Heinz Wagner dell'università di Vienna che spiega: "Considerati nel loro insieme, il benessere sociale, gli eventi e la vita di relazione sono dei fattori importanti, qualche volta sottostimati, per la salute di anziani che vivono in residenze". I risultati di questo studio, commenta Giuseppe Paolisso della Società Italiana di Geriatria e Gerontologia, sono abbastanza in linea con quanto già si sa, e cioè che l'esercizio fisico riducendo il danno ossidativo contrasta l'invecchiamento. Ma è senz'altro opportuno ripetere l'osservazione su un gruppo più grande di anziani, per arrivare a risultati solidi. Spesso l'ingresso dell'anziano in residenze assistenziali è legato a condizioni di malnutrizione, depressione e inattività. Di qui l'idea di vedere l'impatto di un intervento di sei mesi sia di tipo fisico, sia cognitivo sull'instabilità del Dna di anziani in case di riposo. I ricercatori austriaci hanno studiato anziani di 65-98 anni, ospitati in residenze dedicate; li hanno coinvolti per sei mesi in due tipologie di intervento: allenamento fisico (con esercizi per migliorare forza e resistenza) associato o meno a integrazione vitaminica; allenamento cognitivo. Sa l'attività fisica, sia l'allenamento cognitivo sono risultate in grado di rallentare la comparsa di danni genomici associati a instabilità del Dna. L'intervento sembra rallentare l'invecchiamento del Dna. "Il danno cromosomico osservato - dichiara Wagner - è ridotto fino al 20% dopo i sei mesi di intervento". "Le conclusioni del nostro studio sono che l'attività fisica negli anziani è necessaria per migliorare parametri di salute legati a malattie croniche. Laddove l'attività fisica non sia possibile (le condizioni dell'anziano non lo permettono) un allenamento cognitivo potrebbe consentire di raggiungere analoghi risultati in termini di aumento della resistenza ai danni del Dna degli anziani". L'anziano in residenza potrebbe non avere le giuste sollecitazioni per mantenersi attivo sia fisicamente sia soprattutto da un punto di vista cognitivo, conclude Paolisso, l'aspetto ricreativo è fondamentale specie nella riabilitazione cognitiva; "il cervello è come un muscolo e va allenato per evitare che subisca delle perdite".