GENOVA. Una "medicina di frontiera" quella che consente interventi chirurgici per curare il feto nell'utero materno grazie alle tecnologie e allo sviluppo della chirurgia fetale. In prima fila il Gaslini di Genova dove il nuovo dipartimento di chirurgia fetale ha eseguito 21 interventi in un anno. Intervenire col laser o con l'ago per curare cardiopatie gravi, risolvere problematiche delle comunicazioni vascolari nelle gravidanze gemellari o asportare tumori cardiaci benigni, oggi in Italia è possibile in pochissimi ospedali. "Nel 2014 abbiamo eseguito, ad esempio, 9 interventi di laserablazione delle anastomosi placentari per trasfusione feto-fetale", ha spiegato il responsabile dell'Unità dipartimentale di medicina e chirurgia fetale, Dario Paladini.
"In pratica, in anestesia locale materna, si entra con l'ottica, si arriva alla placenta e si chiudono col laser dei vasi che favoriscono un afflusso di sangue maggiore a uno dei due gemelli. L'ablazione laser in utero ha permesso la sopravvivenza di entrambi i gemelli nel 30-35% dei casi, mentre nel 30-35% ci sono state doppie perdite fetali, d'altra parte la patologia in letteratura ha una mortalità che raggiunge il 90%". "Ormai siamo anche un ospedale fetale - ha osservato il direttore generale dell'Istituto Gaslini, Paolo Petralia - Si tratta di interventi impensabili 50 anni fa che fanno sì che curiamo il bambino in tutte le stagioni della sua vita. D'altra parte la diagnosi prenatale da sola serve a poco, se non è possibile una terapia".
Altri interventi hanno riguardato una vulvoloplastica aortica-fetale (una sorta di allagamento dell'aorta) e la rimozione di un teratoma cardiaco associato (un tumore benigno).
Paladini ha spiegato che per i suoi interventi ha anche creato una rete ad hoc di contatti con ospedali fetali di Londra, Barcellona e Zurigo oltre a Boston e Parigi già nella rete del Gaslini. Nei prossimi mesi è previsto un intervento su un feto affetto da ernia diaframmatica e nel 2016 uno per curare un caso di spina bifida.
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