ROMA. Sembra impossibile, ma esiste: è un gigantesco buco nero con una massa 12 miliardi di volte quella del Sole e nato all'alba dell'Universo, appena 900 milioni di anni dopo il Big Bang. A scovarlo è stato Xue-Bing Wu, dell'Università di Pechino, a capo del gruppo di ricerca internazionale che ha descritto su Nature questo enigmatico mostro cosmico, la cui esistenza spinge a rivedere le attuali conoscenze sulla crescita dei buchi neri. «Il 'mistero' è come sia potuto diventare così grande in così poco tempo», ha spiegato Adriano Fontana, dell'Osservatorio Astronomico di Roma dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e a capo del Large Binocular Telescope (Lbt), uno dei telescopi che ha reso possibile la scoperta del 'mostro comico', chiamato SDSS J0100 + 2802. Il buco nero si trova al centro di una grande nube di gas e polveri che, una volta 'ingoiate', emettono una grandissima quantità di energia. Si tratta di un oggetto antichissimo, distante circa 12,8 miliardi di anni luce. «I buchi neri - ha spiegato Fontana - crescono 'mangiando' i materiali che li circondano, polveri o stelle, e per essere così grande SDSS J0100 + 2802 deve aver mangiato tanto e molto in fretta. Non solo è uno dei più grandi buchi neri che conosciamo, ma è anche molto giovane». Un rapidità di 'ingrassare' che mette in discussione molte teorie che spiegano la crescita di questi oggetti. Esistono infatti in queste teorie dei limiti ben precisi, superati i quali il buco nero 'collassa': «una sorta di limite di 'indigestione'», ha proseguito il ricercatore italiano. Il quasar SDSS J0100 + 2802 è un vero gigante dell'universo: con una luminosità pari a 420.000 miliardi di volte quella del nostro Sole, questo nuovo quasar è 7 volte più luminoso di quello ad oggi più distante. «E pensare che finora la sua vera natura ci era sfuggita - ha precisato Fontana - invece di un buco nero supermassivo in piena attività, ai confini dell'universo, pensavamo che SDSS J0100 + 2802 fosse una 'semplicè stella. Ora però che sappiamo chi sia veramente, quanto smisurata sia la sua massa e la sua distanza, la sfida che abbiamo di fronte è spiegare come sia possibile trovare un oggetto tanto massiccio in un'epoca così remota».