ROMA. A scuola si fanno i compiti, a casa si segue la lezione. È la «classe capovolta» («flipped classroom»), ovvero l'ultima frontiera della scuola 2.0.
Nel pomeriggio gli alunni, collegandosi al sito/blog del docente o a una piattaforma dedicata, seguono la lezione attraverso podcast o video tutorial. Il giorno dopo, in classe, mettono in pratica le nozioni imparate, facendo i compiti, lavorando in gruppo o svolgendo attività laboratoriali. L'insegnante, dunque, non sta più in cattedra o alla lavagna, ma gira tra i banchi e dà a ciascun ragazzo l'attenzione di cui ha bisogno. E gli strumenti di lavoro non sono più solo carta e penna, ma anche tablet, pc e smartphone.
In Italia esistono docenti che hanno fatto proprio questo metodo di insegnamento e i risultati, dicono, si vedono: «Si punta a una scuola più pratica. I ragazzi sono più coinvolti, più interessati e anche le prove Invalsi vanno meglio». L'occasione per mettere a confronto le varie esperienze è stato il primo convegno sulla «flipped classroom» organizzato a Roma dalla Fondazione Mondo digitale e la Flipnet, l'associazione per la promozione della classe capovolta. «Gli insegnanti italiani sono pronti a questa innovazione - ha osservato il linguista Tullio De Mauro - e un giorno se ne accorgerà anche il ministro dell'Istruzione». Da questa didattica, ha aggiunto, si avrà «una scuola più inclusiva, più laboratoriale e che darà più spazio al lavoro di gruppo e alla scrittura».
La didattica capovolta, hanno sottolineato i promotori dell'incontro, nasce dalla «necessità di adeguare il sistema formativo alle nuove sfide educative, proponendo attività più coinvolgenti che si adattano in modo flessibile alle capacità di ciascuno studente, con attenzione specifica anche ai bisogni educativi speciali». Maurizio Maglioni insegna chimica in un istituto professionale di Roma. Da un anno ha applicato la didattica capovolta nelle sue classi e «alle Olimpiadi della Chimica tutti e sei gli alunni che hanno gareggiato si sono piazzati ai primi posti della classifica regionale». «Insegno Chimica da 25 anni - ha detto - e non era mai successo prima. È evidente che a
questi studenti ha fatto bene lavorare in gruppo».
Secondo Maglioni «rivoluzionare» la didattica non è difficile per un docente: «l'importante è imparare a creare un proprio sito o blog per caricare i contenuti a cui possono poi accedere i ragazzi». Il suo si chiama Chimicasemplice. All'istituto comprensivo di Livigno (Sondrio) è stata avviata una sperimentazione sulle classi IV e V della primaria. «Abbiamo usato una piattaforma Moodle - hanno raccontato le docenti Francesca Muraca e Aurora Di Benedetto - e gli alunni hanno imparato a usarla assieme ai loro genitori. Vi accedono con una password e noi controlliamo le loro attività. Postiamo filmati e documentari e rispondiamo alle loro domande via messaggio. A scuola poi ci rimane più tempo per le attività laboratoriali e riusciamo a fare in modo che i bambini mettano in pratica quello che apprendono. E anche i test Invalsi, le cui consegne spesso in passato li avevano messi in difficoltà, sono andati bene».
Caricamento commenti
Commenta la notizia