ROMA. Whatsapp è il social in ascesa vertiginosa nei gusti degli adolescenti in Italia: nel 2015 lo usa il 59% dei ragazzi tra i 12 e i 17 anni, con un aumento del 39% dal 2013. Diminuisce invece, anche se resta sempre solida, la presenza dei ragazzini su Facebook (75%, 12 punti in meno dal 2013); meno di uno su tre (29%) usa Twitter. Raddoppiata anche la percentuale di utenti adolescenti di app musicali come Spotify (11%).
Una ricerca di Ipsos per Save the Children, effettuata a gennaio 2015 su un campione di 1.003 ragazzi dai 12 ai 17 anni, mette a fuoco le abitudini dei nativi digitali di casa nostra, rivelando un doppio volto. Da un lato i 'connessì, sempre con lo smartphone acceso e sotto gli occhi, che si danno appuntamento con persone conosciute solo sul web (35%) o su gruppi di WhatsApp e App simili (33%). Dall'altro, un consistente 11,5% che non ha mai avuto accesso a Internet. I 'connessi', segnala la ricerca, vivono relazioni «virtuali» nei gruppi di conversazione sulle applicazioni di messaggistica dei loro smartphone, spesso anche con persone che non conoscono direttamente (41%): uno su quattro (24%) invia messaggi, video o foto con riferimenti sessuali a gruppi dove non conosce tutti i partecipanti e uno su tre (33%) si dà appuntamento con qualcuno conosciuto solo attraverso questi gruppi. Il 46% degli
intervistati afferma di aver scoperto che la persona incontrata in Rete non era di fatto quella che diceva di essere; il 35% afferma la ricorrenza di atti di cyberbullismo. I ragazzini non sembrano molto consapevoli dei pericoli del web: solo per il 38% le molestie via cellulare/email/internet rappresentano una minaccia.
Anche se Facebook è in calo tra gli adolescenti, sono ancora molti a usarlo e il 39% di questi dichiara di essersi iscritto a 12 anni e il 32% ha dichiarato di averne 18 al momento dell'iscrizione; il 36% inoltre non ha scelto un livello di privacy «ristretto» sul proprio profilo. Quanto a Whatsapp, il 28% dei ragazzi partecipa ad oltre 10 gruppi e il 41% afferma di non conoscere personalmente tutte le persone che sono in quei gruppi; quasi un adolescenti su 5 non si pone alcun problema su che tipo di informazione o dati invia a questi gruppi.
La ricerca ha poi analizzato, elaborando dati Istat, quei 452 mila ragazzi e ragazze tra 11 e 17 anni che non hanno mai usato Internet, l'11,5% del totale. Dietro la 'disconnessione', secondo la ricerca, c'è spesso una situazione economica sfavorevole: è infatti tra le famiglie che dichiarano di vivere in condizioni economiche «assolutamente insufficienti» che si registra un 22,7% degli adolescenti «disconnessi», mentre tra quelle con «risorse scarse» sono il 14,2%. Anche il dato geografico è molto significativo: al Sud e nelle Isole la percentuale dei «disconnessi» sul totale dei ragazzi della loro età è del 17,4%, pari a 270.000, mentre al Centro si abbassa all'8,2% (60.000) e al Nord si assottiglia al 7,4% (122.000).
La disconnessione da Internet si associa spesso con l'assenza delle altre opportunità culturali che configurano una vera condizione di «povertà educativa»: più di un adolescente su cinque (21,1%) tra i 'disconnessì non ha infatti letto un libro o visto un film al cinema negli ultimi 12 mesi, a fronte di un 5,3% tra gli «online». E se solo il 57,3% degli adolescenti connessi ha letto almeno un libro nell'ultimo anno, questa percentuale si abbassa di 16,7 punti percentuali tra i ragazzi che non hanno usato Internet (40,6%). Il 48,2% degli «online» ha visitato un museo, una mostra o un sito archeologico nell'ultimo anno ma il dato scende al 25,7% tra i disconnessi.
«Questi sono allarmanti - denuncia Raffaela Milano di Save the Children - perchè sono un segnale di un vero e proprio nuovo analfabetismo. Oggi un ragazzo che non si è mai connesso al web è di fatto un ragazzo disconnesso anche dalla realtà che lo circonda e difficilmente potrà recuperare negli anni questo divario educativo. Chiediamo un impegno da parte del Governo perchè le scuole siano messe nelle condizioni di colmare questo digital divide che discrimina i ragazzi e le ragazze delle famiglie più povere».
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