PALERMO. I dati che viaggiano sul web sono analizzati da migliaia di software in continuo monitoraggio alla ricerca di «parole chiave», meglio note agli analisti come keywords. Sono le parole digitate sui motori di ricerca come Google o Yahoo; queste parole vengono sistematicamente identificate, catalogate e geolocalizzate con l’intento di creare un gigantesco database in grado di associare diverse azioni e collegamenti ai riferimenti presenti nei computer di tutto il mondo. Frutto di algoritmi, ovvero processi matematici composti da numeri e stringhe di codice che elaborano le informazioni restituendo i risultati richiesti.
George Dvorsky, un canadese esperto di bioetica ha messo a fuoco i dieci algoritmi che dominano le scelte nel mondo di internet. Ne riportiamo alcuni, per capire come sia possibile influenzare e condizionare i navigatori del web senza alcuna forzatura apparente. Google ha surclassato i competitor quando ha introdotto l’algoritmo PageRank; oggi infatti l’80 per cento delle ricerche sul web passano proprio dal motore di ricerca statunitense. PageRank si interfaccia con programmi automatizzati chiamati spider, e un indice, costantemente aggiornato, di parole chiave e relative posizioni nei vari siti.
L'algoritmo valuta il numero e la qualità dei link a una pagina per ottenere una stima approssimativa di quanto sia importante il sito, ponendolo in una classifica visibile ogni qualvoltaeffettuiamo una ricerca. Considerato che i siti oltre il decimo posto vengono raggiunti da meno dell’uno per cento del traffico è evidente come siano influenzabili le scelte in rete. La pubblicità, diventata l’anima commerciale di Google, sfrutta lo stesso sistema attraverso altri algoritmi. Come quello che indica un prodotto che potrebbe interessarci, visibile dopo una ricerca effettuata in rete. Il sistema mette in relazione i nostri dati personali con i prodotti che ci interessano, proponendoci ad esempio un accessorio audio per lo smartphone se abbiamo cercato un caricatore.
Sui social network il condizionamento è esponenziale. Facebook ad esempio calcola il numero dei commenti ad un post, la presenza dei mi piace in bacheca e decide, tramite un algoritmo, quali notizie mostrarci. In realtà questo è quello che vediamo noi, ma il software riesce ad elaborare molte più informazioni, tanto che sa perfettamente quali sono i nostri amici più fedeli, ovvero quelli che cliccano più volte sulle nostre bacheche, che ci leggono più spesso, che apprezzano di più i nostri commenti. Ma se sui social e sui motori di ricerca l’influenza è determinata solo dai mi piace e dalle preferenze, lo stesso non si può dire di altri algoritmi ben più complessi che animano ad esempio le aste on line o i siti di trading, spesso condizionati ad arte con risultati ben più nocivi.
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