ROMA. Come preparare un pianeta "sosia" della Terra. Difficoltà: cinque stelline. Ingredienti: una 'tazza' di magnesio, una di silicio, due di ferro e altrettante di ossigeno, con un pizzico di zolfo e un goccio d'acqua portata dagli asteroidi. Procedura: mescolate bene, ponete vicino (ma non troppo) ad una giovane stella, cucinate ad alta temperatura per diversi milioni di anni e raffreddate fino a quando si forma una sottile crosta dorata. Nei casi più fortunati, la ciliegina sulla torta: potrebbero comparire forme di vita. La ricetta arriva dai 'MasterChef' planetari, i ricercatori del Centro di Astrofisica Harvard-Smithsonian (CfA) guidati da Courtney Dressing, che l'hanno presentata nel congresso della Società americana di Astronomia in corso a Seattle, negli Stati Uniti. L'obiettivo è identificare pianeti rocciosi simili alla Terra in grado di ospitare forme di vita. ''Per trovarli, dovremmo focalizzare la nostra attenzione su pianeti che hanno dimensioni fino a 1,6 volte quelle della Terra, perchè solo questi sono mondi rocciosi'', spiega Courtney Dressing. Per giungere a questa conclusione, il suo gruppo ha misurato la massa di piccoli pianeti con dimensioni paragonabili a quelle della Terra, risalendo poi alla loro densità e composizione chimica. Tutto ciò è stato possibile grazie al Telescopio Nazionale Galileo (Tng) dell'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) alle Canarie, e in particolare grazie allo spettrografo Harps-N (High Accuracy Radial velocity Planet Searcher for the Northern emisphere), il più famoso cacciatore di pianeti extrasolari insieme al satellite Kepler della Nasa. ''Ogni anno - spiega il direttore del Tng, Emilo Molinari - dedichiamo 80 notti per confermare i candidati pianeti scoperti dalla sonda della Nasa, come il pianeta Kepler-93b appena identificato con questa ricerca. Harps-N - aggiunge - è uno strumento ad alta precisione che punta verso l'emisfero Nord, a differenza del suo predecessore e gemello montato all'osservatorio dello European Southern Observatory (Eso) in Cile. Il suo occhio permette di confermare la presenza dei pianeti misurando il movimento che questi imprimono sulla loro stella con una precisione del metro al secondo''.