Lunedì 23 Dicembre 2024

Musica in sala operatoria? Un vero toccasana: ecco gli artisti più gettonati

ROMA. C'è qualcuno che preferisce il silenzio, ma in generale in sala operatoria la musica sembra essere un vero toccasana: per i pazienti, che quando si preparano a un'operazione riescono a rilassarsi e ad alleviare ansia e stress e una volta terminato l'intervento possono sperimentare un risveglio 'morbido', ma anche per lo staff che comprende medici e infermieri, perchè migliorano le performances e la comunicazione. In Gran Bretagna si utilizza la musica in sala operatoria in una percentuale variabile dal 62% al 72% dei casi, con l'80 per cento dei chirurghi coinvolti e del resto dello staff che spiegano di riuscire in questo modo a concentrarsi meglio, soprattutto se il brano che ascoltano è il loro preferito, e da un articolo pubblicato sul British Medical Journal arrivano i consigli semi- seri di un esperto che ha trascorso molti anni in sala operatoria, il dottor David Bosanquet, su cosa evitare e cosa invece preferire. Si a «Stayin' Alive» dei Bee Gees, perchè in caso di arresto cardiaco aiuta a «tenere il ritmo» nella rianimazione cardiopolmonare, si a «Comfortably Numb» dei Pink Floyd, ideale da ascoltare mentre si attende che l'anestesia epidurale faccia effetto ma poi da non ripetere perchè spinge troppo all'introspezione e si anche a «Wake Me Up Before You Go-Go» dei Wham, ideale per alleviare lo stress post- operatorio e ridare morale all'intero staff. No invece a «Scar Tissue» dei Red Hot Chilli Peppers, che come si evince dallo stesso titolo «tessuto cicatriziale» mal si adatta in particolar modo alla chirurgia plastica, no a «Everybody Hurts» dei Rem, un classico eppure troppo malinconico per i chirurghi ma anche per i pazienti. Cartellino rosso anche per «Another One Bites the Dust» e «Killer Queen» dei Queen, soprattutto se ci sono chirurghi o anestesisti donne, mentre per la musica classica il via libera è totale, senza limitazioni.

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