Lunedì 23 Dicembre 2024

Carenza di vitamina D per otto italiani su dieci: sono soprattutto anziani

ROMA. In Italia l'80% della popolazione è carente di Vitamina D. È quanto emerso a conclusione del XIV Congresso della Società italiana dell'Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS). "L'assunzione di vitamnina D - spiegano gli esperti - è fondamentale per contrastare l'insufficienza diffusa e trasversale della 'vitamina del sole', che in Italia è allo stesso livello da 20 anni". I medici della società scientifica provenienti da tutta Italia, riuniti con una delegazione dell'American Society for Bone and Mineral Research (ASBMR), hanno fatto il punto a Roma su diagnosi e terapia delle malattie dell'osso e, in particolare, hanno assunto una posizione differente rispetto a quella dell'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) che alcuni mesi fa ha parlato di un abuso di Vitamina D in Italia. "Tutti gli studi confermano che gran parte della popolazione italiana è affetta da Ipovitaminosi D - spiega il Presidente della SIOMMMS Giancarlo Isaia -. Ciò dimostra che non sono state attivate sistematiche politiche sanitarie volte a contrastare questa carenza; per esempio, sottoporre tutti, soprattutto gli anziani che si espongono meno ai raggi solari e i pazienti affetti da malattie croniche, a supplementazione con Vitamina D, anche senza un suo preventivo dosaggio ematico: in tal modo, si potrebbero certamente ridurre i rischi di fratture e i costi del SSN". Secondo la Cochrane Collaboration in una recentissima review ha documentato come la Vitamina D - e in particolare il colecalciferolo - ha un impatto positivo addirittura in termini di mortalità (-6%). "Non c'è un problema di abuso; la questione vera è l'urgenza di sottoporre a cura chi ne ha un effettivo bisogno. - spiega Davide Gatti dell'Università di Verona -. Gli esperti confermano che in Italia l'Ipovitaminosi D si verifica perché si mangiano meno grassi animali rispetto ad altri Paesi e perché non si adotta l'aggiunta di Vitamina D negli alimenti, come per legge fanno nel nord Europa. Una strategia che in Italia è stata bocciata anche per motivi economici.

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