ROMA. Il buco dell'ozono sull'Artico continua a restare stabile: dopo l'ultimo allarme del 2011 la sua estensione massima di quest'anno, che supera di poco 24 milioni di chilometri quadrati, resta nella norma. Però secondo ricercatori della Nasa e dell'Agenzia americana per l'atmosfera e gli oceani (Noaa) nuovi rischi per la tenuta di questo fondamentale schermo che protegge la vita del pianeta potrebbero arrivare dai cambiamenti climatici. L'ozono è un 'delicato' gas capace di bloccare la maggior parte delle radiazioni più pericolose provenienti dal Sole e avvolge il nostro pianeta formando un sottile strato. Questa barriera è stata però fortemente danneggiata da alcune sostanze prodotte dall'uomo, i lorofluorocarburi (Cfc) la cui produzione è ormai vietata da anni, tanto da aver provocato un 'buco' (in realtà un assottigliamento) sopra la regione dell'Antartide. I dati dimostrano che il massimo dell'estensione annuale (che oscilla periodicamente), sarebbe avvenuto l'11 settembre con un picco di 24,1 milioni di chilometri quadrati. Valore simile a quello registrato nel 2013, in linea con gli ultimi anni, e lontano dal picco raggiunto nel 2000 di 30 milioni di chilometri quadrati. I Cfc non sono però l'unico nemico dell'ozono: «Anno dopo anno - ha spiegato Paul Newman, ricercatore del Centro di Volo Spaziale Goddard della Nasa a Greenbelt - le variazioni climatiche hanno un significativo impatto sull'ozono dell'Antartide in quanto l'aumento delle temperature può ridurne lo strato. L'area del buco dell'ozono si è ridotta rispetto agli anni '90 e 2000 e sappiamo che i livelli di Cfc stanno diminuendo ma esistono ancora forti incertezze sull'impatto che potrà avere il riscaldamento globale».