Domenica 22 Dicembre 2024

Salute a tavola: arriva il cibo certificato con il Dna

ROMA. Siamo sicuri che il cibo che mettiamo nel piatto sia veramente ciò che dice di essere? Siamo sicuri che dentro una scatoletta di tonno ci sia realmente il tonno pinna gialla come indica l'etichetta sulla confezione o che il riso carnaroli sia davvero carnaroli? Da oggi la risposta può essere più semplice ed immediata, grazie al marchio 'Dna Controllato'. Il marchio, sviluppato dal Parco Tecnologico Padano (PTP), sfrutta le conoscenze acquisite con le moderne biotecnologie. «Tutti gli esseri viventi - spiega Davide Ederle del PTP - che siano piante, animali o microrganismi, contengono DNA. Possiamo utilizzare il DNA in due modi: sviluppando nuovi prodotti, come varietà con caratteristiche migliorate, o tracciando e rintracciando in ogni prodotto, anche lavorato, le materie prime utilizzate». Seguendo questa seconda linea, i ricercatori del PTP hanno messo a punto un sistema per leggere il DNA negli alimenti e riconoscere ogni materia prima presente, garantendo così che i cibi distribuiti sul mercato siano quello che dicono di essere e contengano esattamente ciò che indicano di contenere. Ciò comporta due vantaggi: da un lato si bloccano gli scandali e gli allarmi sanitari (come la carne equina spacciata per bovina), dall'altro si ottiene un vantaggio competitivo, soprattutto su quei mercati - DOP, prodotti halal o per intolleranti che richiedono garanzie aggiuntive. Il marchio è stato lanciato appena sei mesi fa ed attualmente una sola azienda - produttrice di miele - ha ottenuto la certificazione. «Stiamo però lavorando sul riso carnaroli, sulle carni, sui patogeni alimentari, sul tonno pinne gialle e sulla pasta». Ma come funziona in pratica? «Per prima cosa valutiamo insieme al produttore cosa vuole certificare e concordiamo un piano di campionamento dei prodotti. Quindi procediamo con le analisi presso i nostri laboratori (sono necessarie circa 48-72 ore). Se queste risultano in regola, il Parco concede a titolo gratuito l'uso del marchio». I prodotti certificati riportano in etichetta il marchio insieme ad un QR Code, che consente al consumatore di avere maggiori informazioni sulle analisi svolte e sulla qualità dell'alimento. I costi, assicura Ederle, sono molto contenuti: «Parliamo di poche migliaia di euro l'anno, poi ovviamente dipende dalla produzione da certificare». Anche il consumatore, se non è convinto della trasparenza del cibo, può inviare un campione al laboratorio: qualora fossero riscontrate anomalie si procederà alla segnalazione del prodotto; in caso contrario il consumatore dovrà pagare il costo (circa 50 euro) dell'analisi.

leggi l'articolo completo